martedì 29 giugno 2021

L’ALTRO VOLTO DI FABIO MAGNI: CAVALIERE DRESSAGE

Qualificato per le Olimpiadi di Los Angeles 1984, nella disciplina del dressage, il sogno olimpico si infrange per una scelta del CONI: Fabio non prese parte a quei Giochi , mentre il suo cassone era già partito senza il suo cavaliere. Nel 1985 vince il titolo italiano under 21 nel dressage. Poi Fabio di Olimpiadi ne ha disputate ben 4 , con la sua amata disciplina del concorso completo e 4 indimenticabili cavalli: Passport, Cool’n Breezy, Vent d’Arade e Southern King V. Di Giulia Iannone (Foto di Giulia Iannone scattate nel 2014. La foto della premiazione di Piazza di Siena, è tratta dal testo "Dressage" di Enzo Truppa, Zelig Editore Milano, che ringraziamo)
Completista ed ostacolista, ma non tutti sanno che tu sei stato individuato e scelto nel nostro paese come talentuoso cavaliere per la disciplina del dressage. Credo nel periodo junior. Ci spieghi come è andata questa parte della tua vita equestre? “ Mi ha visto il Marchese Fabio Mangilli, durante un concorso di completo. Mentre affrontavo la prova di addestramento. Avevo 12 anni. Sono stato contattato tramite Dado Lucheschi. Così la settimana dopo, sono andato a montare al Centro Federale al nord, ovvero Le Querce un cavallo che avevano individuato per me allo scopo. . Da quel momento, ogni pomeriggio, ho montato per portare avanti la mia preparazione specifica in dressage. E da lì abbiamo iniziato. Dopo, andando avanti, continuavo comunque a montare in dressage, sicchè la federazione mi ha affidato un cavallo di proprietà della FISE, di nome Juvel. Con questo cavallo ho partecipato a diverse gare, ho debuttato all’internazionale anche di Piazza di Siena, nel frattempo montavo anche in completo. Quell’anno, ho affrontato la gara pre-olimpica, a Montelibretti montando Zar della Minerva, ed ho vinto la pre-olimpica, l’anno prima dell’appuntamento olimpico. Però io avevo 16 anni, ed in completo non potevi se non eri maggiorenne partecipare alle olimpiadi. L’anno dopo ci sarebbe stato Los Angeles 1984. Allora la federazione risolse, dato che montavo sia in completo che in dressage, iniziò a cercare un cavallo adatto per farmi gareggiare in dressage. Siamo andati a provare questo cavallo ad Amburgo, da Georg Otto Heyser, è andato bene, la federazione ha trovato un accordo e lo ha preso. Dopo ho fatto subito i campionati Europei a Monaco, durante i quali mi sono classificato settimo individuale, e dopo mi sono preparato per un anno intero, mentre continuava la mia permanenza a scopo formativo, in Germania. Sono stato due anni e mezzo in Germania, poi abbiamo fatto diverse gare come Lipiza, Losanna, Amburgo, abbiamo girato un po’, e quindi è stata una buona esperienza per me, perfezionando il lavoro in piano che mi è servito tantissimo dopo, perché è un tipo di conoscenza equiparabile alla ginnastica, con la quale i cavalli migliorano la propria condizione atletica, e questo può essere impiegato nelle tre discipline con disinvoltura.
Sei stato in Germania due anni da Otto Heyser. Chi è Otto Hayser, che cosa ti ha insegnato e ti ha lasciato nella tua formazione tecnica? “ Georg Otto Hayser è stato per ben tre volte campione di Germania e due volte vice campione. Nel 1981 Amigo, il cavallo da lui addestrato è stato riconosciuto come il miglior cavallo del derby tedesco di dressage. In quell’anno fu George Theodorescu però a vincere il Test del Nastro Azzurro, scambiandosi il cavallo proprio con Otto Heyser! Heyser ha accompagnato poi le squadre di dressage di Messico, Svezia e Italia ai campionati, nella veste di coach. E’ stato anche coach ai Giochi Olimpici di Seul 1988. Per la prova di dressage, in completo, ha aiutato i campioni olimpici Heinrich Romeike e Marius e Peter Thomsen e Ghost of Hamish, in preparazione per i Giochi Olimpici di Hong Kong del 2008. in tal modo ha contribuito al leggendario doppio oro di Romeike definito “ Flying Dentist” ed al trionfo della squaadra tedesca. Purtroppo ho saputo che nel 2018 è mancato. Sono andato in Germania a vedere dei puledri, e parlando con queste persone tedesche che lo conoscevano benissimo, ho appreso questa triste notizia per me. Devo in primo luogo sottolineare che era una grande, grandissima persona a livello umano. Dovete considerare che io ero molto giovane al tempo, e lui mi ha fatto un pochino da “zio-papà” , a livello tecnico era immenso, straordinario, magico. Lui saliva a cavallo, ed il cavallo cambiava in un istante, sembrava avesse fatto una magia! E’ stato un ottimo tecnico, lui mi lasciava i compiti su cui lavorare, con le indicazioni chiare e gli aspetti da potenziare e curare di più. Poi dopo due o tre giorni tornava e valutava il risultato. In questo modo responsabilizzava l’allievo e lo rendeva autonomo per il futuro. Un grande insegnamento per crescere e per trovare soluzioni anche da solo, pur nella traccia di lavoro. Il ricordo indelebile, è il suo essere metodico, la precisione, la puntualità, aspetti fondamentali per chi fa parte del mondo equestre”
Tu a soli 16 anni hai anche vinto un Gran Premio a Lipiza. Cosa ricordi e che cavallo montavi? “ Montavo Amigo 23, sono passati tanti anni da allora, uno ricorda per sempre il monento della vittoria e la gioia e la soddisfazione di Hayser, che era raggiante e contentissimo di questa affermazione. Noi dovevamo prendere le qualifiche per le Olimpiadi, io le avevo ottenute, gli altri della squadra, purtroppo no, alla fine si è optato per “ o tutti o nessuno”. Purtroppo a me era già partito il cassone con le selle e tutti i materiali, anche perché io partivo dalla Germania direttamente, con i Tedeschi, e poi mi è stato comunicato che il CONI aveva deciso di non mandare nessuno per l’Italia del dressage. Fu un momento delicato per me, ero solo un giovane cavaliere pieno di sogni e speranze, e lì emerse l’uomo sensibile e generoso che era Otto Heyser. Fu lui a darmi questa notizia. Mi prese con lui, mi portò al bar a bere una birra, e mi spiegò che nello sport ci sono anche questo tipo di situazioni da vivere, non solo allenamenti, gare e ragionamenti tecnici. Fu davvero molto paterno.” Dal completo al dressage, poi sei nuovamente tornato al dressage. Perché non hai pensato poi di continuare la tua carriera di dressagista visto che eri tanto promettente e talentuoso? “ Il dressage mi piace e mi è sempre piaciuto, ma, per come sono fatto io caratterialmente ed istintivamente, il mio cuore era il completo, un po’ il rapporto col cavallo, un po’ il fatto del cross, la prova più bella entusiasmante, avvincente, il mio cuore è nato lì ed è rimasto lì Da completista che ha gareggiato sia con il completo di vecchia formula che di nuova formula, quanto ti è servita la mentalità che hai appreso e questo metodo tedesco, che comunque ormai è dentro di te. “ Il cambiamento che è avvenuto nel concorso completo è stato abbastanza drastico. Prima c’era una equitazione in cui dovevi, nel cross, rispettare un po’ più la regolarità, senza determinare troppe variazioni di ritmo, in modo da risparmiare di più il cavallo, adesso, anche nelle ultime gare cui ho partecipato, ho toccato con mano un profondo e notevole cambiamento. A mio sentire, sembrava di fare una gara a tempo in concorso. Però la mentalità che è derivata dalla mia esperienza equestre, nel mondo del dressage è servita, è servita molto. Nella preparazione del cavallo atleta devi sempre rispettare le fasi dell’allenamento , i galoppi, la condizione del cavallo, la gestione. Essermi formato nel parallelo, specializzandomi così giovane nella disciplina del dressage, mi ha insegnato tanto ed ha aggiunto tanto alla mia identità di cavaliere, come sensibilità in sella, come assetto, come modo di pensare.”
Adesso che ti dedichi molto all’insegnamento, ti capita di insegnare dressage ai cavalieri di oggi? Forte della tua lunga esperienza in Germania, secondo te quale è il dettaglio che più bisogna tener presente per il dressage? Cerchiamo di dare un messaggio ai cavalieri che vogliano intraprendere il dressage inteso come palestra del cavallo… “ L’importante è riuscire a far fare una ginnastica senza essere costrittivi, a mio avviso. Il cavallo deve arrivare ad usare il corpo però sempre cercando di lasciarlo contento, felice, non con troppa costrizione. Va bene avere delle regole, però nelle regole uno può essere anche morbido e soft, non troppo forti e duri”. Questo è l’incontro tra il completista ed il dressagista, che ha mitigato il concetto, vero Fabio? “ Senz’altro c’è la fusione di due anime e due spiriti. L’importante è lavorare in piano rispettando anche un cavallo che deve saltare o che deve fare un cross impegnativo. Anche un cavallo che deve saltare le gare grosse di salto ostacoli, comunque deve avere una libertà di incollatura, scioltezza di spalle, un buon equilibrio per affrontare buone girate anche strette, basta vedere i giri che ci sono adesso, che sono molto tecnici, quindi i cavalli devono essere molto ben lavorati e ginnasticati. Ogni disciplina ha le sue peculiarità e difficoltà. Nel dressage puro c’è la richiesta precisa e puntuale, alla lettera, come la determinata transizione o il cambio a volo, questa ricerca della perfezione e precisione esatta, rende la disciplina molto complicata e molto difficile.” Tu fai parte di quelli che definisco “I pionieri del dressage” italiano, cioè quei talentuosi che hanno dato la svolta per il dressage e per il completo poi, e che sono stati mandati all’estero in Germania. Tu senti questa responsabilità di essere un punto di riferimento, storicamente, per tutto il mondo equestre? “ Spero realmente che la mia carriera e la mia storia equestre possa essere di aiuto e di ispirazione per più di qualcuno. Ho avuto la fortuna di lavorare con tantissime figure e personalità equestri, che hanno saputo perfezionare e coltivare e cesellare le mie doti interiori a livello equestre, fino ad esprimermi in gara portando tutto un mondo che forse oggi non esiste più. Da giovanissimo Hayser e la Germania hanno rappresentato davvero la pietra miliare della mia carriera, ma grazie all’occhio clinico di Fabio Mangilli che aveva intravisto in me delle buone doti. L’equitazione è fatta di occasioni, di incontri giusti, di persone speciali, di cavalli perfetti ed ideali, di resilienza, di coraggio, di occasioni perdute o soltanto rimandate, di pazienza e anche solitudine. Ho sempre cercato attraverso la performance sportiva di portare lustro al mio paese ed alla mia filosofia equestre. Credo che il talento da solo non basti e sicuramente servono gli input giusti culturali e tecnici. A mio avviso, avendo alle spalle una carriera che mi consente di dare qualche consiglio, penso che la svolta che può dare uscire fuori dall’Italia ed andare all’estero a montare, rappresenti davvero il colpo d’ala importante. Anche io, oltre che da giovane dressagista che ha sfiorato l’olimpiade di Los Angeles 1984, e poi da completista, ho iniziato a girare parecchio, erano gli anni prima di Sidney, prima degli anni 2000, gareggiavo molto in Francia in quel periodo perché avevo un cavallo molto delicato con i piedi e li hanno dei terreni sabbiosi molto buoni. Su quello poi c’è stata tutto un movimento di cavalieri italiani che si sono trasferiti, all’estero come Vittoria Panizzon e Giovanni Ugolotti, che ho seguito per un po’ nel lavoro . Nel tempo ho fatto alcuni stages tecnici, a tanti ragazzi, chi junior chi young rider, e sempre in ogni occasione ho motivato tutti a mettersi in gioco ed andare fuori dall’Italia, per un periodo o in maniera definitiva. Si impara davvero tanto allontanandosi dal proprio paese d’origine, dalle abitudini, dalla routine dalla comfort zone, si acquisiscono nuove idee, con un metodo solido, con maggiore entusiasmo e voglia di fare, imparando a contare solo sui propri mezzi e cercando nuove risorse interiori e mentali. “

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