martedì 29 giugno 2021

L’ALTRO VOLTO DI FABIO MAGNI: CAVALIERE DRESSAGE

Qualificato per le Olimpiadi di Los Angeles 1984, nella disciplina del dressage, il sogno olimpico si infrange per una scelta del CONI: Fabio non prese parte a quei Giochi , mentre il suo cassone era già partito senza il suo cavaliere. Nel 1985 vince il titolo italiano under 21 nel dressage. Poi Fabio di Olimpiadi ne ha disputate ben 4 , con la sua amata disciplina del concorso completo e 4 indimenticabili cavalli: Passport, Cool’n Breezy, Vent d’Arade e Southern King V. Di Giulia Iannone (Foto di Giulia Iannone scattate nel 2014. La foto della premiazione di Piazza di Siena, è tratta dal testo "Dressage" di Enzo Truppa, Zelig Editore Milano, che ringraziamo)
Completista ed ostacolista, ma non tutti sanno che tu sei stato individuato e scelto nel nostro paese come talentuoso cavaliere per la disciplina del dressage. Credo nel periodo junior. Ci spieghi come è andata questa parte della tua vita equestre? “ Mi ha visto il Marchese Fabio Mangilli, durante un concorso di completo. Mentre affrontavo la prova di addestramento. Avevo 12 anni. Sono stato contattato tramite Dado Lucheschi. Così la settimana dopo, sono andato a montare al Centro Federale al nord, ovvero Le Querce un cavallo che avevano individuato per me allo scopo. . Da quel momento, ogni pomeriggio, ho montato per portare avanti la mia preparazione specifica in dressage. E da lì abbiamo iniziato. Dopo, andando avanti, continuavo comunque a montare in dressage, sicchè la federazione mi ha affidato un cavallo di proprietà della FISE, di nome Juvel. Con questo cavallo ho partecipato a diverse gare, ho debuttato all’internazionale anche di Piazza di Siena, nel frattempo montavo anche in completo. Quell’anno, ho affrontato la gara pre-olimpica, a Montelibretti montando Zar della Minerva, ed ho vinto la pre-olimpica, l’anno prima dell’appuntamento olimpico. Però io avevo 16 anni, ed in completo non potevi se non eri maggiorenne partecipare alle olimpiadi. L’anno dopo ci sarebbe stato Los Angeles 1984. Allora la federazione risolse, dato che montavo sia in completo che in dressage, iniziò a cercare un cavallo adatto per farmi gareggiare in dressage. Siamo andati a provare questo cavallo ad Amburgo, da Georg Otto Heyser, è andato bene, la federazione ha trovato un accordo e lo ha preso. Dopo ho fatto subito i campionati Europei a Monaco, durante i quali mi sono classificato settimo individuale, e dopo mi sono preparato per un anno intero, mentre continuava la mia permanenza a scopo formativo, in Germania. Sono stato due anni e mezzo in Germania, poi abbiamo fatto diverse gare come Lipiza, Losanna, Amburgo, abbiamo girato un po’, e quindi è stata una buona esperienza per me, perfezionando il lavoro in piano che mi è servito tantissimo dopo, perché è un tipo di conoscenza equiparabile alla ginnastica, con la quale i cavalli migliorano la propria condizione atletica, e questo può essere impiegato nelle tre discipline con disinvoltura.
Sei stato in Germania due anni da Otto Heyser. Chi è Otto Hayser, che cosa ti ha insegnato e ti ha lasciato nella tua formazione tecnica? “ Georg Otto Hayser è stato per ben tre volte campione di Germania e due volte vice campione. Nel 1981 Amigo, il cavallo da lui addestrato è stato riconosciuto come il miglior cavallo del derby tedesco di dressage. In quell’anno fu George Theodorescu però a vincere il Test del Nastro Azzurro, scambiandosi il cavallo proprio con Otto Heyser! Heyser ha accompagnato poi le squadre di dressage di Messico, Svezia e Italia ai campionati, nella veste di coach. E’ stato anche coach ai Giochi Olimpici di Seul 1988. Per la prova di dressage, in completo, ha aiutato i campioni olimpici Heinrich Romeike e Marius e Peter Thomsen e Ghost of Hamish, in preparazione per i Giochi Olimpici di Hong Kong del 2008. in tal modo ha contribuito al leggendario doppio oro di Romeike definito “ Flying Dentist” ed al trionfo della squaadra tedesca. Purtroppo ho saputo che nel 2018 è mancato. Sono andato in Germania a vedere dei puledri, e parlando con queste persone tedesche che lo conoscevano benissimo, ho appreso questa triste notizia per me. Devo in primo luogo sottolineare che era una grande, grandissima persona a livello umano. Dovete considerare che io ero molto giovane al tempo, e lui mi ha fatto un pochino da “zio-papà” , a livello tecnico era immenso, straordinario, magico. Lui saliva a cavallo, ed il cavallo cambiava in un istante, sembrava avesse fatto una magia! E’ stato un ottimo tecnico, lui mi lasciava i compiti su cui lavorare, con le indicazioni chiare e gli aspetti da potenziare e curare di più. Poi dopo due o tre giorni tornava e valutava il risultato. In questo modo responsabilizzava l’allievo e lo rendeva autonomo per il futuro. Un grande insegnamento per crescere e per trovare soluzioni anche da solo, pur nella traccia di lavoro. Il ricordo indelebile, è il suo essere metodico, la precisione, la puntualità, aspetti fondamentali per chi fa parte del mondo equestre”
Tu a soli 16 anni hai anche vinto un Gran Premio a Lipiza. Cosa ricordi e che cavallo montavi? “ Montavo Amigo 23, sono passati tanti anni da allora, uno ricorda per sempre il monento della vittoria e la gioia e la soddisfazione di Hayser, che era raggiante e contentissimo di questa affermazione. Noi dovevamo prendere le qualifiche per le Olimpiadi, io le avevo ottenute, gli altri della squadra, purtroppo no, alla fine si è optato per “ o tutti o nessuno”. Purtroppo a me era già partito il cassone con le selle e tutti i materiali, anche perché io partivo dalla Germania direttamente, con i Tedeschi, e poi mi è stato comunicato che il CONI aveva deciso di non mandare nessuno per l’Italia del dressage. Fu un momento delicato per me, ero solo un giovane cavaliere pieno di sogni e speranze, e lì emerse l’uomo sensibile e generoso che era Otto Heyser. Fu lui a darmi questa notizia. Mi prese con lui, mi portò al bar a bere una birra, e mi spiegò che nello sport ci sono anche questo tipo di situazioni da vivere, non solo allenamenti, gare e ragionamenti tecnici. Fu davvero molto paterno.” Dal completo al dressage, poi sei nuovamente tornato al dressage. Perché non hai pensato poi di continuare la tua carriera di dressagista visto che eri tanto promettente e talentuoso? “ Il dressage mi piace e mi è sempre piaciuto, ma, per come sono fatto io caratterialmente ed istintivamente, il mio cuore era il completo, un po’ il rapporto col cavallo, un po’ il fatto del cross, la prova più bella entusiasmante, avvincente, il mio cuore è nato lì ed è rimasto lì Da completista che ha gareggiato sia con il completo di vecchia formula che di nuova formula, quanto ti è servita la mentalità che hai appreso e questo metodo tedesco, che comunque ormai è dentro di te. “ Il cambiamento che è avvenuto nel concorso completo è stato abbastanza drastico. Prima c’era una equitazione in cui dovevi, nel cross, rispettare un po’ più la regolarità, senza determinare troppe variazioni di ritmo, in modo da risparmiare di più il cavallo, adesso, anche nelle ultime gare cui ho partecipato, ho toccato con mano un profondo e notevole cambiamento. A mio sentire, sembrava di fare una gara a tempo in concorso. Però la mentalità che è derivata dalla mia esperienza equestre, nel mondo del dressage è servita, è servita molto. Nella preparazione del cavallo atleta devi sempre rispettare le fasi dell’allenamento , i galoppi, la condizione del cavallo, la gestione. Essermi formato nel parallelo, specializzandomi così giovane nella disciplina del dressage, mi ha insegnato tanto ed ha aggiunto tanto alla mia identità di cavaliere, come sensibilità in sella, come assetto, come modo di pensare.”
Adesso che ti dedichi molto all’insegnamento, ti capita di insegnare dressage ai cavalieri di oggi? Forte della tua lunga esperienza in Germania, secondo te quale è il dettaglio che più bisogna tener presente per il dressage? Cerchiamo di dare un messaggio ai cavalieri che vogliano intraprendere il dressage inteso come palestra del cavallo… “ L’importante è riuscire a far fare una ginnastica senza essere costrittivi, a mio avviso. Il cavallo deve arrivare ad usare il corpo però sempre cercando di lasciarlo contento, felice, non con troppa costrizione. Va bene avere delle regole, però nelle regole uno può essere anche morbido e soft, non troppo forti e duri”. Questo è l’incontro tra il completista ed il dressagista, che ha mitigato il concetto, vero Fabio? “ Senz’altro c’è la fusione di due anime e due spiriti. L’importante è lavorare in piano rispettando anche un cavallo che deve saltare o che deve fare un cross impegnativo. Anche un cavallo che deve saltare le gare grosse di salto ostacoli, comunque deve avere una libertà di incollatura, scioltezza di spalle, un buon equilibrio per affrontare buone girate anche strette, basta vedere i giri che ci sono adesso, che sono molto tecnici, quindi i cavalli devono essere molto ben lavorati e ginnasticati. Ogni disciplina ha le sue peculiarità e difficoltà. Nel dressage puro c’è la richiesta precisa e puntuale, alla lettera, come la determinata transizione o il cambio a volo, questa ricerca della perfezione e precisione esatta, rende la disciplina molto complicata e molto difficile.” Tu fai parte di quelli che definisco “I pionieri del dressage” italiano, cioè quei talentuosi che hanno dato la svolta per il dressage e per il completo poi, e che sono stati mandati all’estero in Germania. Tu senti questa responsabilità di essere un punto di riferimento, storicamente, per tutto il mondo equestre? “ Spero realmente che la mia carriera e la mia storia equestre possa essere di aiuto e di ispirazione per più di qualcuno. Ho avuto la fortuna di lavorare con tantissime figure e personalità equestri, che hanno saputo perfezionare e coltivare e cesellare le mie doti interiori a livello equestre, fino ad esprimermi in gara portando tutto un mondo che forse oggi non esiste più. Da giovanissimo Hayser e la Germania hanno rappresentato davvero la pietra miliare della mia carriera, ma grazie all’occhio clinico di Fabio Mangilli che aveva intravisto in me delle buone doti. L’equitazione è fatta di occasioni, di incontri giusti, di persone speciali, di cavalli perfetti ed ideali, di resilienza, di coraggio, di occasioni perdute o soltanto rimandate, di pazienza e anche solitudine. Ho sempre cercato attraverso la performance sportiva di portare lustro al mio paese ed alla mia filosofia equestre. Credo che il talento da solo non basti e sicuramente servono gli input giusti culturali e tecnici. A mio avviso, avendo alle spalle una carriera che mi consente di dare qualche consiglio, penso che la svolta che può dare uscire fuori dall’Italia ed andare all’estero a montare, rappresenti davvero il colpo d’ala importante. Anche io, oltre che da giovane dressagista che ha sfiorato l’olimpiade di Los Angeles 1984, e poi da completista, ho iniziato a girare parecchio, erano gli anni prima di Sidney, prima degli anni 2000, gareggiavo molto in Francia in quel periodo perché avevo un cavallo molto delicato con i piedi e li hanno dei terreni sabbiosi molto buoni. Su quello poi c’è stata tutto un movimento di cavalieri italiani che si sono trasferiti, all’estero come Vittoria Panizzon e Giovanni Ugolotti, che ho seguito per un po’ nel lavoro . Nel tempo ho fatto alcuni stages tecnici, a tanti ragazzi, chi junior chi young rider, e sempre in ogni occasione ho motivato tutti a mettersi in gioco ed andare fuori dall’Italia, per un periodo o in maniera definitiva. Si impara davvero tanto allontanandosi dal proprio paese d’origine, dalle abitudini, dalla routine dalla comfort zone, si acquisiscono nuove idee, con un metodo solido, con maggiore entusiasmo e voglia di fare, imparando a contare solo sui propri mezzi e cercando nuove risorse interiori e mentali. “

lunedì 21 giugno 2021

FILIPPO MARTINI DI CIGALA “ BISOGNA MONTARE IN UN CERTO MODO!”

Abbiamo incontrato al telefono Filippo Martini di Cigala che ci ha raccontato dei suoi recenti successi, dei suoi cavalli, del suo lavoro al CME, della famiglia e dei prossimi appuntamenti agonistici. Ecco cosa ci ha detto, in questa chiacchierata in un momento di relax a fine giornata. Di Giulia Iannone Photo courtesy Filippo Martini di Cigala, Lo scatto della sei barriere è di Sergio Isler
3 medaglie d’argento, una dietro l’altra, sicuramente da menzionare: una ottenuta con la 6 barriere a Piazza di Siena, una nel campionato regionale assoluto, ed una nel GP 160 al Talent show di Cervia. Vediamo insieme i momenti salienti ed i cavalli artefici di questi risultati? “ La 6 barriere è stata proprio una gara improvvisata. La sera prima, il tecnico federale, mi ha chiesto di partecipare. Ho aderito con entusiasmo, e poi devo dire che la cavalla, Unitè, ha saltato molto bene. E’stata una prestazione molto positiva ed un ottimo risultato, considerando anche che ho montato un cavallo dello stato, nato ed allevato nel nostro allevamento, è stato davvero un piazzamento di prestigio all’interno dello CSIO di Roma. Sono un cavaliere che veste l’uniforme dell’esercito, cavallo dell’esercito, tutto fatto in casa, per uno come me, che difende i colori illustri del Centro Militare di Montelibretti, l’ovale di Piazza di Siena, è un contesto particolare, che carica di molte aspettative, perché i nostri illustri predecessori, han ben figurato, vincendo tantissimo con stile e grande tecnica. Per quanto riguarda i Campionati Regionali, ancora un cavallo dell’esercito italiano, Adamantea, figlia di Pupillo, un cavallo che molto lustro ha portato all’esercito Italiano, recentemente ritirato dalle competizioni, ma attivo come riproduttore, e quindi ancora un prodotto tutto nostro. Si tratta di una cavalla che si sta comportando molto bene. Ho scelto lei per i campionati regionali per l’altezza e la tipologia del campionato. Sono partito molto bene, vincendo la prima gara, poi all’ultimo percorso è scappato un errore, che mi ha scalzato dalla prima posizione , pur mantenendo la seconda. Un campionato molto bello, molto combattuto. Nel Lazio, il campionato regionale è sempre un campionato di altissimo livello, durante il quale ottenere una medaglia, è sicuramente gratificante e motivante. Al Talent, abbiamo alzato l’asticella! Unitè, il cavallo scelto per questo appuntamento, già l’anno scorso ha vinto veramente tante belle gare: il criterium italiano, secondo posto al campionato degli 8 anni ed oltre, parliamo già di una gara di 1,50. Però stavamo ancora lavorando per attestarci su quella altezza lì. Dopo lo CSIO di Roma, parlando a casa con i miei tecnici di riferimento, che sono il Ten. Col. Andrea Mezzaroba ed il ten. Col. Francesco Guarducci, abbiamo provato a fare un passo in avanti, perché la cavalla era in grandissima forma ed infatti si è ben espressa in gara. Anche con un pizzico di sfortuna,perché si è strappata un ferro proprio in mezzo alla combinazione, dove poi ha fatto errore, e senza il quale avrei vinto il gran premio. Ma sappiamo che in ogni falcata di galoppo, ci può essere un imprevisto, fortunatamente in questo caso non ha compromesso completamente la gara.” Essere atleta del CME che cosa rappresenta ed ha rappresentato per te? “ Grande prestigio. Da bambino andavo ai concorsi importanti, tipo Punta Ala e Bagnaia vicini a casa mia. Mi ci portavano mia madre e mio padre, quest’ultimo istruttore di equitazione, assieme ai miei fratelli. Piero D’Inzeo, ancora si vedeva in giro, in qualche concorso, come cavaliere, e con lui vari altri ufficiali che vincevano, e per noi ragazzini, pieni di sogni e speranze, erano figure mitiche irraggiungibili. Vestire quella stessa uniforme dopo anni, ha rappresentato la realizzazione di un sogno davvero importante, il sogno di bambino che guardava i cavalli. Riportare una serie di buoni risultati suscita davvero interesse, ma al contempo molte aspettative soprattutto di essere costante e durevole in questo stato di forma agonistica. In determinati contesti agonistici, sento molto peso e responsabilità, perché ho da scontrarmi anche con i risultati dei miei illustri predecessori, ed io non posso e non devo fare meno di loro, non posso distrarmi, perdere di concentrazione o deludere nessuno. Il passato della Scuola Militare di Equitazione è enorme: Piero D’Inzeo ha vinto ben 7 volte il Gran Premio Roma, io non ho ancora partecipato a questa gara, ma i riferimenti sono costanti, poderosi, ingombranti. Ecco, quello che si può fare in un momento in cui il livello tecnico e sportivo si è alzato moltissimo, è cercare di mantenersi il più possibile ad alto livello, cercando di montare anche bene ed affrontare e vivere l’equitazione come concetto, in un certo modo.” Stilisticamente, osservandoti, rispondi a pieno ai dettami della Scuola Italiana, non come qualcosa di imposto, ma come pensiero condiviso. Durante la sei barriere, tu hai montato veramente nella leggerezza, nel galoppo leggero ed in avanti, mai toccando o strattonando la bocca. Dico bene? “ Si. E’ una osservazione comune e qualcosa che mi riconoscono in molti. Ho ricevuto veramente tanti messaggi a riguardo, e devo dire che mi fa grande piacere che si noti questo mentre monto e mentre gareggio, perché c’è dietro uno studio, un concetto, una idea, che condivido in pieno ed è ormai parte di me. Quando si riesce ad ottenere il risultato con leggerezza e serenità, col cavallo disinvolto e collaborativo, non c’è niente di più bello!” Chi era Filippo Martini Di Cigala prima di vestire la divisa, come cavaliere intendo? “ Sicuramente, da un punto di vista stilistico, non ero quello di adesso! Ero un funambolo in sella, anche se ho ricevuto una ottima istruzione di base, e di questo devo ringraziare mio padre. Lui è un istruttore molto rigoroso, esigente, ordinato, puntuale e pignolo, quasi simile ad un ufficiale di cavalleria. Spesso per ottenere il risultato, non badavo a perdere la compostezza, anzi pensavo che l’acrobazia potesse darmi più possibilità di ottenere una buona performance. Poi ho capito che è molto più importante la tecnica e lo stile, in uno sport che si sta evolvendo sempre di più, e seguire un metodo ben preciso, risulta determinante per fare il salto di qualità. Lì, alla scuola militare, ho trovato chi mi ha dato veramente una mano, per perfezionarmi ed affinare e curare il dettaglio, si tratta del Col. Francesco Guarducci. Lui al tempo era capo sezione, ed in tale ruolo mi ha portato in giro, mi ha fatto crescere. Per i primi anni ho lavorato anche con il Col. Piero D’Inzeo, che nonostante fosse in pensione, veniva ogni tanto per una supervisione ed a farci lavorare, ho dei bellissimi ricordi in tal senso.”
Impossibile non citare Piero D’inzeo. Vorrei conoscere il tuo ricordo personale su quello che è stato definito “il cavaliere perfetto”. “ Ho sempre nutrito un timore reverenziale nei suoi confronti, però devo dire che alla fine si è instaurato anche un buon rapporto, mi piace pensare che lui nutrisse anche un po’ di stima nei miei confronti e per come facevo le cose. Questo l’ho capito nel tempo, grazie ad alcune parole che mi ha rivolto e che desidero tenere strette e riservate dentro di me. Posso invece raccontare qualcosa di simpatico. Avevo vinto la mia prima gara internazionale ad un concorso a Napoli, lui mi aveva seguito in campo prova. Durante la premiazione, mi aveva detto poche cose, dandomi appuntamento per il giorno dopo, in scuderia. Ero tornato a casa, la mattina, due ore prima, mi ero preparato per lavorare un cavallo insieme a lui. In quella circostanza mi ha chiesto di mostrargli la foto della premiazione, ma io non ero riuscito ad acquistare quella immagine , e con sincerità gliel’ho detto . E lui mi confidò “ hai fatto male! Devi sempre comprare la foto quando arrivi primo. Quando ne raccogli 100, le metti tutte insieme e me le porti a far vedere!” Credo che abbia voluto dirmi, con ironia, che il cammino sarebbe stato lungo, e che una rondine non fa primavera! Aveva ragione, perchè vincere una volta non deve farci rilassare, voleva dire che se possiamo e siamo riusciti a vincere una volta, saremo capaci, con l’impegno e l’umiltà, di vincere ancora tante altre volte. Una figura molto speciale, grandissimo uomo di cavalli dotato di enorme cultura equestre e non solo”. Come è cambiata dunque la tua vita, e che fine ha fatto il funambolo che aveva un sogno? “ Sono cambiate tante cose da quando indosso questa uniforme. Il mio sogno di bambino è diventato realtà. Adesso in questo contesto, io non rappresento solo me stesso e non sono più un individuo qualsiasi, ma rappresento una istituzione, e quindi da lì il metodo. Qui è stato bravo a motivarmi il Col. Guarducci “ Bisogna montare in un certo modo”. La cosa positiva che poi mi è rimasta dentro, è che avere un metodo comune consente di poter scambiare con serenità ed agilità, il cavallo con il proprio compagno di gruppo o squadra. Cambiare il cavaliere non deve far cambiare il risultato o l’effetto in sella. Il metodo è vincente, e cosa di cui si sente tanto parlare – perché è venuta a mancare- è vincente la scuola italiana. La sintesi della scuola militare va vissuta in questo senso, ancor più a livello equestre, poi ognuno ha le sue caratteristiche, doti e peculiarità caratteriali e queste permarranno in campo: chi è più veloce, più freddo, chi sa mantenere la concentrazione. E’ cambiato questo: avendo la divisa addosso, sento la responsabilità di dover fare le cose in un certo modo.” L’importanza del gruppo e della squadra. Presentami allora il gruppo ed i tuoi compagni di cui tu rappresenti la punta dell’iceberg? “ Il gruppo è fondamentale. La serenità e l’armonia nel team è quella che aiuta ad ottenere degli ottimi risultati. Intanto posso menzionare mia moglie, Tiziana Malagigi, che lavora nella mia stessa scuderia, e mi dà una grandissima mano. Lei è molto brava nella preparazione dei cavalli, adesso è un periodo che sta montando meno in gara, quindi posso avvalermi molto del suo contributo a casa, sia per l’organizzazione che per il lavoro dei cavalli. È dotata di grande sensibilità, e, tante volte, mi passa ottime indicazioni o informazioni su come indirizzare il lavoro di un cavallo. Ovviamente, ci sono sempre i tecnici Mezzaroba-Guarducci che supervisionano tutto l’andamento complessivo del piano di lavoro. Posso sicuramente citare Noemi Ruiz, che è con noi da tanti anni, seria e dotata di spirito di aggregazione ed armonizzante nel gruppo… Non posso citare tutti i nomi, perché sono molte le figure che compongono il team d’appoggio, imprescindibile per poter far bene e raggiungere alti livelli di prestazione. Parliamo dei maniscalchi, dei veterinari, di tutti coloro che lavorano nel backstage, fino ad arrivare a coloro che si danno da fare negli uffici e gestiscono la parte burocratica ed amministrativa. Un ringraziamento doveroso va a tutti i settori, fino ad arrivare al vertice, rappresentato dal Comandante del C.M.E., Colonnello Carlo Colaneri. C’è sempre grande partecipazione al risultato ed al progetto che condividiamo quotidianamente, anche se la vita militare, spesso obbliga alla turnazione, e molti ragazzi sono costretti a cambiare sede, tutti rimangono affezionati e vicini al posto ed al ricordo di quello che è stato condiviso” I cavalli: quelli di punta, tu li hai già citati, mettiamo un po’ in ordine i pensieri, presentandoci le loro caratteristiche, pregi e difetti. Ci sono soggetti su cui potrai contare per il futuro? “ Il cavallo di punta in questo momento è senza dubbio Unitè, sella italiana del 2009 da Dollar dela Pierre, molto rispettosa e dotata di buona forza, con un bel carattere, molto intelligente, apprende con facilità , molto predisposta ed attenta ad acquisire il dettaglio tecnico. Giorno dopo giorno la sento crescere e migliorare insieme a me. Determinante nel suo caso, è stato il lavoro in piano effettuato assieme al Col. Mezzaroba, che ha individuato una tipologia di esercizi, molto utili a questa cavalla, per consolidare la prestazione e la gestione in percorso. Questo rende Unitè, a mio sentire, la cavalla fida alleata in questo momento. Passiamo ad Adamantea dell’E.I, femmina del 2012, alla quale sono molto legato perchè è la figlia di Pupillo. È una cavalla con grandi qualità, forse non ha la forza per saltare una gara enorme, ma fino alle gare di 1,45 ha dimostrato di essere molto competitiva ed affidabile. La sto impiegando sempre nelle competizioni di squadra, o nei campionati, come quello regionale, perché con lei ho la chance concreta di portare a casa il risultato. E’ un pochino più particolare rispetto ad Unitè, è una cavalla che presenta una forte personalità, e non vuole essere costretta se in determinati giorni non se la sente. Diremo noi, che è lunatica, come tutte le cavalle femmine! Bisogna saperla prendere, se ci si impone, si mette in disparte e non è possibile coinvolgerla. Invece, questo l’ho capito nel tempo, ho cercato di creare il feeling e lavorare sulla sintonia e adesso la conosco bene, so bene come prenderla, so quando chiedere e quando cedere. Poi ho una cavalla nuova che si chiama Cula Lou V, una cavalla tedesca di 15 anni, da Chacco Blue, che è stata comprata da Maurizio Cinti Piredda. E’ una cavalla che ha già saltato delle gare molto importanti, è molto complicata nella gestione, però dopo i primi due mesi, realmente complicati, siamo usciti in gara e piano piano abbiamo capito alcune cose importanti e sono arrivati già degli ottimi risultati. Ha già vinto due 1,40, una 1,45 in pochissimi concorsi. Conto con lei di saltare degli internazionali di alto livello. Poi ho dei cavalli giovani, sempre dell’allevamento Tramontana, ci sono due 6 anni , Kartesio e Lady Kira, nei quali credo veramente tanto, due fratelli, la femmina è nata in embryo, da una fattrice importante ed il padre è Casall, uno stallone ed una fattrice di altissima qualità, geneticamente abbiamo due puledri con caratteristiche diverse ma entrambi con delle doti, che lasciano presagire alla crescita di due soggetti molto competitivi. Si sono già distinti nelle gare dei 6 anni. Credo che ci sia anche una cavalla dell’esercito, che si chiama Calinda, che ha 7 anni, quest’anno siamo stati fermi anche perché io ho avuto un mese di stop per via del Covid, che ho contratto per fortuna in forma lieve, e la cavalla è stata gestita dall’ottimo Roberto Riganelli, per portarla un pochino avanti. Nello spirito del metodo e dello stile comune, che funziona, e ci rende omogenei, la cavalla si è qualificata per il Master di Piazza di Siena, ed a quel punto ho lasciato a Roberto completare l’opera, partecipando a questa gara insieme a Calinda. È andato bene, chiudendo al terzo posto in una giornata di gara. È stata una bella soddisfazione che ha portato comunque lustro a tutti noi, essendo un cavallo dello stato. Infine posso menzionare Deja Vu, femmina sella italiana del 2010, da Caster di Villa Francesca (Cassini), di proprietà di Roberta Bizzarri. Si tratta di una cavalla super affidabile, con la quale si è consolidato nel tempo, un bell’affiatamento e ottimo feeling, che mi consente di ottenere risultati su altezze importanti.” Prossimi appuntamenti agonistici per il proseguo? “ Intanto fra 2 settimane sarò impegnato nel Memorial Lorenzo Attili, a Montefalco. Non manchiamo mai, per continuare a ricordare questo giovane bravo cavaliere scomparso prematuramente. Non ho mai vinto questo Gran Premio, ho fatto spesso secondo o terzo, l’obiettivo sarebbe quello di centrare il gradino alto del podio. Poi continuerò con il Talent a Busto Arsizio e da lì dovrei cominciare a fare un giro di concorsi all’estero. Non so ancora dire quali, ma parteciperò con Unitè, Adamantea, e Cula Lou. Speriamo di ottenere qualche bel risultato in gran premio” Desideri ringraziare qualcuno? “ Desidero in primo luogo ringraziare i miei genitori, che mi hanno dato davvero una solida educazione e dei valori profondi a cui far sempre riferimento. Vorrei ringraziare anche mia moglie Tiziana e mio figlio, che sono quasi tutte le settimane in gara con me. Mia moglie cerca sempre di venire anche se non è impegnata in gara, insieme a nostro figlio, e siccome questo è uno sport che ci porta a stare spesso fuori in gara tutte le settimane, il rischio è di lasciare un po’ indietro la famiglia. Invece così è un bel modo per stare sempre tutti insieme, mio figlio Leonardo lo fa con entusiasmo, anche se non è tanto malato di cavalli, però si sta appassionando alla competizione, allora viene a farmi un po’ da mental coach dicendomi “Bisogna vincere la gara”. L’ultima volta, dopo la medaglia d’argento, mio figlio ha commentato “ eh, babbo, però hai perso!” A nulla è servito spiegargli che il secondo posto è una ottima posizione ad un certo livello. Comunque mi tiene motivato e li ringrazio perché avere la famiglia al seguito, è una bella spinta e dà grande serenità e stabilità”.