lunedì 21 marzo 2016

PIERO COATA: “ Il METODO E L’ ISTINTO IN EQUITAZIONE ”

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Piero Coata in sella a Querida della Mezzaluna, figlia diretta di Al Mahrà della Mezzaluna,
la cavalla del "cuore" citata nell'articolo

A cura di Giulia Iannone
Abbiamo incontrato il Tecnico Laziale Piero Coata presso la scuderia “ I Pioppi” di Campagnano in una rara intervista in cui si è concesso a ricordi e pensieri personali, commenti e riflessioni equestri. Ecco cosa ci ha raccontato...

Come è entrato a far parte della sua “vita” il cavallo atleta?
“ Ho iniziato da bambino, il mio primo incontro è stato con i cavalli che trovavo nella azienda agricola della mia famiglia, erano cavalli da lavoro. Con noi ci sono sempre stati i cavalli!   Poi piano ho cominciato ad interessarmi fino a  specializzarmi sul cavallo da salto ad ostacoli. “
La sua formazione tecnica ed i suoi Maestri ?
“  Sono stato autodidatta all’inizio!  mi piaceva troppo  il cavallo  , ho sentito forte il suo richiamo. Per conto mio sono arrivato a fare delle gare di altezza 130-135, capivo però che da autodidatta ero uno dei tanti e quindi volevo perfezionarmi, dare una svolta alla mia passione ed al mio sentire equestre scaturito dall’istinto.  Ad un certo punto,  ho avuto l’opportunità di andare a Piacenza dove c’era Piero D’Inzeo.  Non ci ho pensato due volte. Ho lasciato casa e sono andato a Piacenza, ove  sono rimasto ben 5 anni .  “
"Da Piero d'Inzeo ho imparato che l'equitazione è sacrificio e pretende e presuppone duro lavoro"


Piero D’Inzeo rappresenta una figura focale nella sua esistenza. Mi racconta un aneddoto legato all’argento olimpico individuale  di Roma ’60?
“ Piero D’Inzeo montava un cavallino molto piccolo, addirittura un cavallino che faceva completo. Lo montò un po’ di volte. Dopo fece la tappa di Coppa del Mondo a Milano. Nel Gran Premio chiuse con 4 penalità. Lì ho capito che  era un altro pianeta, vivendo con quel cavallo, frequentandolo e sapendo di che cavallo si trattava, ho capito che Piero D’Inzeo era un fuoriclasse assoluto”
C’è una immagine, un ricordo una emozione legata a questo cavaliere personale, che può dirci solo lei?
“ Ho gareggiato con lui in staffetta. Indimenticabile come emozione!”
Cosa ha lasciato dentro di lei come bagaglio ed eredità culturale?
“Che l’equitazione è sacrificio e presuppone e pretende lavoro duro.  Piero D’Inzeo per primo lavorava tanto. Inoltre, l’Ufficiale di cavalleria  ha sempre ricordato e suggerito con il suo esempio che l’equitazione impone e prescrive delle regole  che vanno assolutamente seguite . In noi stessi per primi e con gli allievi”
Parliamo dei veri protagonisti di questo sport: i cavalli. Mi può citare i cavalli del suo cuore?
 “ Ho nel cuore due cavalli speciali, speciali anche perché erano italiani e questo li rende più cari , che ho portato interamente avanti io, si tratta di Al Mahrà  della Mezzaluna e Papagena. Quest’ultima è una cavalla che ha vinto un campionato di 7 anni ed oltre. Nella storia mai un soggetto con tali caratteristiche  vinceva un campionato riservato ai 7 ed oltre.”
Dicono che ogni cavaliere abbia un solo “grande” cavallo nella sua carriera. Il suo?
“ Penso Al Mahrà  ma non credo che sia vero completamente. Ci sono stati  tanti cavalli che mi hanno tolto soddisfazioni pure se non hanno avuto gli stessi risultati.
A quale data risale la sua ultima competizione ?
“ Posso dire 2000”
Quali risultati agonistici ha ottenuto nella sua carriera di cavaliere?
“ Ho fatto una carriera da cavaliere più per lavoro che a fini agonistici. Montare a cavallo era il mio lavoro, ho portato avanti dei cavalli giovani e sono arrivato  a fare dei gran premi e per me già era un successo. Dovete pensare e considerare che tutti miei risultati sono stati ottenuti con cavalli italiani”
"Ho fatto una carriera da cavaliere più per lavoro che a fini agonistici"

Quali risultati interessanti ha ottenuto con i suoi allievi?
“ Credo che ce ne sono tanti! Piergiorgio Albanese per esempio è un ragazzo che è stato tanto con me, un Campionato Europeo con Ernesto Colantuoni, un altro campionato europeo con Silvia Albanese. A parte i miei figli, che hanno anche loro preso parte a dei Campionati Europei. Però ci sono pure gli altri.”
Chi è stato in passato e chi è oggi il suo cavaliere di riferimento?
“ Per il passato abbiamo già sottolineato quanta importanza abbia ricoperto Piero D’Inzeo nella mia formazione ed ispirazione equestre. Oggi osservo con ammirazione Ludger Beerbaum, per  la dedizione,la  tecnica equestre, il metodo di gestione della scuderia e dei giovani cavalieri ed allievi,  è da imitare.  Non porta avanti un business, c’è un metodo ed una coerenza e professionalità in quello che fa ”.
C’è mai stato un cavallo che non è riuscito a risolvere?
“ Forse ce ne sono stati tanti.  Temo  di non essere riuscito concretamente ad entrare nell’animo, nel profondo! Mi consola con umiltà il pensiero di averne risolti tanti che erano dati per persi, per finiti, irrecuperabili.”
Quando sceglie un cavallo cosa guarda, cosa ricerca, cosa esalta?
“ Equilibrio, una buona testa, coraggio. Con il lavoro cerco di esaltare tutte queste cose nella condivisione e massima collaborazione con il cavaliere del quale impara a  fidarsi accettandolo  con  disponibilità. Il cavallo deve essere insieme a noi,  mai contro di noi!”
Ed invece in un allievo cosa guarda?
“ Lo spirito di sacrificio, la voglia di montare bene senza badare al risultato. Il risultato si ottiene solo quando monti bene. Piero D’Inzeo diceva sempre “Tu monta bene che poi, alla fine il piazzamento viene da sé. Se non viene oggi viene domani”. L’importante è prendere una strada che rappresenta un metodo e seguirlo.”
..."alla fine mi sono immerso totalmente nella professione di istruttore.
Ma guardate che non è una cosa facile"

Da cavaliere lei è passato a svolgere massimamente l’attività di istruttore. Come è avvenuto il passaggio?
“ I miei figli montavano già a cavallo e poi dei ragazzi mi hanno chiesto di seguirli. Ho visto che era una cosa che mi piaceva molto, anche nella ottica  di portare avanti l’impronta tecnica e concettuale con cui approccio questo sport. Alla fine mi ci sono immerso totalmente ! e guardate che non è una cosa facile. Subentrano tanti altri meccanismi dai genitori, la politica e quanto altro. E’ complicato credetemi! I ragazzi di adesso, poi,  sono molto furbi, questo dobbiamo dirlo! Riescono ad avere sempre ragione nei confronti  di genitori che non sanno e spesso non sono veramente preparati sulle esigenze di questo settore. Alla fine diventa complicato portare avanti tutto!”
L’istruttore finisce per entrare ed essere coinvolto da un punto di vista personale nelle vite e nelle famiglie di questi allievi?
“Io cerco di non entrare mai nella sfera personale”
Quanto è difficile fare l’istruttore in questi anni?
“ Molto. Purtroppo noi abbiamo perso per strada  la vera  cultura dell’equitazione così come il valore etico dell’istruttore in senso stretto, la sua preparazione, il suo ruolo di guida, di punto di riferimento, di massima espressione tecnica e garante dei valori puri di questo sport in difesa dell’essere che è sovrano per noi, ossia il cavallo. Siamo entrati in dei vicoli ciechi che ci  hanno fatto perdere di vista la vera essenza, il vero spirito che alimenta il nostro settore. Il troppo  business che ha invaso il mondo dello sport ha intaccato la magnifica essenza  della nostra che è una “disciplina” basata su regole e norme ferree imprescindibili. Se pensiamo ad esempio al settore dei pony, in una semplice gara di 1 metro di altezza vediamo adoperare le stichierine messe ai posteriori. Questo è insegnare ad andare a cavallo? per non fare errore? ma il cavaliere  non capirà mai perché non fa errore e non crescerà mai. Sono dei mezzi artificiali che soprattutto a questo livello andrebbero vietati”
Le manca l’attività di cavaliere, le gare, le trasferte l’adrenalina che sale per la competizione?
“ Ah, molto! Mi piace molto montare a cavallo e devo dire che smettere di gareggiare è stata una sofferenza considerevole. Però non tornerei in campo. Sono uno che quando monta  a cavallo deve  avere il proprio  tempo e  spazio , il mio lavoro deve essere fatto con i giusti intervalli. Quando sei ormai immesso nel mondo dell’istruzione, parlo per me, io lo reputo complicato.  Vedo  la gente che porta avanti entrambe le carriere ed  io non posso se non ammirarli. Per me è molto complicato perché devi essere concentrato sui ragazzi”.
"Mi piace molto montare a cavallo e smettere di gareggiare per me è stata una sofferenza considerevole.
Però oggi non tornerei in campo"
Nella foto Piero Coata in sella a Querida della Mezzaluna ...oggi!

Lei per anni si è occupato di cavalli giovani italiani. Cosa si può fare per questo settore fagocitato dai prodotti esteri? Cosa si può fare per evitare che quei pochi buoni prodotti italiani invece vengano ceduti all’estero?
“La questione principale però riguarda l’addestramento! Noi abbiamo tantissimi cavalli italiani buoni che si perdono per colpa di questa carenza. Il fatto di andare a comprare all’estero è un fatto culturale, una moda! L’allevatore italiano quando ha un cavallo o buono o cattivo che sia , chiede sempre tanti soldi perché per lui è sempre il migliore al mondo. All’estero sanno quello che hanno tra le mani. Se un cavallo è mediocre lo vendono al prezzo giusto perché è inutile che lo mantengono. In Italia no. Nel nostro paese ci sono degli allevatori che preferiscono mantenere dei cavalli al paddock piuttosto che darli via subito a dei prezzi minori. Questa scelta avrebbe consentito a questi soggetti di essere comunque utili . Non è che c’è solo il cavallo di alto vertice. Ma è normale che se un cavallo non ha certe qualità deve essere venduto ad un prezzo accettabile”
Lei spesso associa cavalli giovani a – quando possibile sempre nel margine della sicurezza- cavalieri giovani per farli crescere insieme nel giusto tempo. Una scelta impegnativa che può essere alla lunga vincente, vero?
“ Consiglio sempre, come prescriveva l’antico motto, “ a cavaliere giovane cavallo esperto” però iniziando subito a portarsi dietro un cavallo giovane al quale, dopo aver  capito  le sensazioni sul soggetto di esperienza, poter insegnare il mestiere.  Questo percorso parallelo diventa osmotico, darà vigore anche al rapporto con il cavallo maturo. Se uno ha la possibilità e  se il ragazzo ha talento e voglia, affiancargli subito un cavallo più giovane per me è una strategia didattica molto interessante”
Come si riconosce un allievo di talento?
“ In questo sport l’allievo di talento lo vedi subito dalla voglia che ha di imparare. Perché questo è un mondo nel quale non si finisce mai di imparare. Se trovi l’allievo che sta sempre alla ricerca di nuovi imput da lì esce  fuori un talento. Noi in Italia di talenti ne abbiamo molti, però un grande numero si perde. Il problema  è che quando cominciano a fare delle gare abbastanza importanti pensano di essere arrivati. Purtroppo in questo sport non si arriva mai.”
"Mi piacerebbe vedere che tutti ragazzi in equitazione seguono lo stesso metodo e concetto tecnico"

Lei è più severo con i ragazzi di talento?
“ Si perché pretendo ancora  di più da una persona che riesce a fare delle cose facili rispetto ad uno dotato di  meno talento,  che però si applica. Eppure tante volte ho trovato ragazzi con meno talento che impegnandosi  di più sono diventati più bravi degli altri. Bisogna stare attenti con i talentuosi: si adagiano sull’istinto e le doti personali, ma arrivati ad un certo livello questo non basta più”
Quali sono gli atteggiamenti che non vorrebbe più vedere nell’equitazione contemporanea?
“Vedere in concorso  degli allievi che trattano male  dei bravissimi cavalli. Mi spiego meglio, l’immagine è la seguente: Sbaglia il  giovane cavaliere e prende a tironi il cavallo. Ci dovrebbero essere dei giudici che controllano queste cose. Non parlo di punizione rappresentata da frustate, ma anche dei  tironi ripetuti sono inqualificabili nei confronti di un cavallo, specie se di mestiere. Ormai è diventata una prassi. Nel 99% dei casi lo fanno tutti i ragazzini.”
" Saper lavorare un cavallo, entrare in percorso ed avere consapevolezza di quello che si fa...
questo è gratificante per un istruttore"

Cosa le piacerebbe fare di più per l’equitazione giovanile?
“ Mi piacerebbe vedere che tutti i ragazzi seguono lo stesso metodo e concetto tecnico. Anche questo è un problema culturale. Parlare la stessa lingua anche attraverso lo stile. Sono anni che giro per le Coppe delle Nazioni giovanili, se entrano in campo quattro inglesi, e tu non conosci la loro identità , riconosci lo stile di monta, l’idea che ispira la loro equitazione. Sono tutti e 4 uguali”
Bene allora lei saprà dirmi dove è andato a finire lo stile italiano, perduto assieme ai nostri cavalli?
“ Quello sicuramente! Però forse dobbiamo sfatare un mito, una leggenda che è legata a questo stile italiano. C’è stato un fraintendimento:  tutti sull’inforcatura e  tutti in avanti sembra essere sinonimo di scuola italiana. I grandi cavalieri non ci hanno spiegato che non era così. Io avendo lavorato con Piero D’Inzeo posso dire che non era così,il mio Maestro  non era mai avanti al cavallo, sempre dietro!
Lei è molto parco di parole, questo lo sanno tutti, come fa a comunicare o trasmettere ai ragazzi?
“ No! Io con i ragazzi parlo moltissimo pure se non sembra cerco sempre un dialogo. Cerco di mantenere il mio ruolo credibile di istruttore carismatico, altrimenti si annulla la fase dell’apprendimento. Una certa dose di severità ed autorevolezza a mio avviso giova ed incute rispetto ed un sano rapporto. A volte certe situazioni non meritano risposta o troppe parole”
C’è un sogno nel cassetto legato alla sua professione che desidera realizzare?
“Preparare 4 o 5 ragazzi che arrivano a saltare a livello internazionale facilmente senza trucchi e scorciatoie, solamente con il lavoro e la dedizione”
E gli altri allievi che non potranno arrivare così in alto?
“ Il sogno nel cassetto è questo! Io mi impegno come istruttore con tutti e cerco di portare tutti  ad un certo livello. E’ normale che dopo molti si tramutano in  amatori, c’è poco da fare. Però  un amatore che sa quello che fa, che entra nel percorso e si diverte,  lo reputo un buon  risultato. Saper lavorare un cavallo, entrare in percorso ed avere consapevolezza di quello che si fa , è gratificante per un istruttore”
"Sono stato autodidatta all'inizio...mi piaceva troppo il cavallo!"