venerdì 31 maggio 2013

FLASH DA PIAZZA DI SIENA 2013:
 Seconda Parte
Scene di gara indimenticabili: le scuole tecniche! 

Ludger Beerbaum su CHAMAN

  La prima scena eccellente: L’ Ucraina in Coppa delle Nazioni, per giunta vincente. Con un team di cavalieri alcuni top class, che di Ucraino hanno ben poco. Non l’avrei definita “Ucraina” ma squadra Alexander Onyschenko, questo Billionario che ha  doti economiche, cavaliere di salto ostacoli a livello amatoriale. Costui  ha creato una squadra, andando in giro per il mondo a comprare  i cavalli più forti, assoldando cavalieri altrettanto forti, ed attribuendogli infine la nazionalità Ucraina. Kirchoff e la Offel sono tedeschi, Cassio Rivetti è brasiliano, Krasyuk è l’unico Ukraino! Questo è lo stile dei tempi. Si può  comprare ogni cosa, ma non  la vera  essenza. E’ un buon segnale un vaso di azalee messo solitario nel campo, ma non fa Premio Azalee, è bello aver restaurato  i salti di Roma 1998 e farne mostra in una Coppa che si chiama Furusiyya, l’equivalente in arabo del concetto di Cavalleria. Questi sono i tempi: in questo secolo abbiamo acquisito gli oggetti , peccato che nell’altro siano rimasti  mente e cuore!
Sono trascorsi per Ulrich Kirchoff 17 anni da quelle due medaglie d’oro memorabili di Atlanta 1996 in sella a Jus de Pomme. In quella memorabile squadra “tedesca” erano con lui, Sloothak, Nieberg e Ludger Beerbaum. Poi Ulrich  è scomparso dalla scena Internazionale, dopo la perdita del suo cavallo vincente.  Ce lo siamo ritrovato in Italia poi di nazionalità ucraina,  al fianco dell’amazzone Barbara Suter. Evviva la cultura multietnica! Ma lui è tedesco nello stile, nel fisico, nella monta equestre.
Ulrich Kirchoff su Verdi
 Quando lo guardi non hai alcun dubbio, assomiglia tantissimo per alcune strategie tecniche a Franke Sloothak il gigante dalle mani di velluto con quelle redini lunghissime ed il suo assetto di acciaio su cavalli vecchio stile tedesco. Ecco se dovessi dire qualcosa, in questa Piazza di Siena ho riconosciuto le scuole e gli stili, spesso non corrispondenti ai colori per i quali gareggiavano, bello e strano al contempo.
Gli stili e le squadre  si mescolano come le linee di sangue! Kirchoff la vecchia classe, Ludgeer  lo spartiacque della Germania moderna con i suoi allievi bellissimi, leggerissimi, puliti e dinamici. Ah, quel  Deusser  e Weishaupt come stanno venendo bene come allievi. Questo ultimo ha fatto una altra piccola magia nella categoria dei 7 anni: in sella a Luce del Castegno, cavallo allevato in Italia ma tutto di linea straniera. Calza perfettamente agli ordini di questo allievo di Ludger. Sono nazionalista, concettualmente, ma quando vedi una cavallo come Luce ricamare tra gli ostacoli un giro così preciso, sono contenta per questa risoluzione sportiva. Oggi poi, le linee di sangue non sono più tanto chiare come una volta, come il discorso delle scuole: le genealogie sono tutte molto vicine ed imparentate tra loro! In Italia abbiamo degli allevatori che producono ottimi cavalli di linee nordiche che poi vengono venduti in Svizzera e simili.
Nick Skelton su Big Star
L’altro stile chiaro, evidente, coerente ed efficace nei secoli- è il caso di dirlo- è quello di Nick Skelton su “Big Star” in ogni senso ! La scuola in avanti, che non interferisce mai sulla bocca del cavallo con interventi se non finissimi, con l’assetto dinamico, gioco di baricentri, di angoli in avanti. Noi diciamo la scuola condivisa con Whitaker che sarebbe “anche”, molto la nostra! Inserisco anche Spooner su questo mood ma Cristallo mostra un po’ i segni del tempo. Skelton in barrage ha fatto il  solito incantesimo. Ha accorciato le redini, frustino impugnato, staffe corte, spalle avanti, e via contro il cronometro. Che cosa abbiamo visto? Niente, come al solito, e neanche un errore.  Lo stile invisibile del galoppo in avanti! Pius Schwizer è stata una bella scoperta per me. Al di là dello stile che è molto personale e che sta a metà tra la Germania e la Francia, predomina anche la sua peculiarità  fisica. Pius è molto muscoloso, corto nel busto e nelle leve del femore. La mano è forte un po’ tedesca, come il suo carattere volitivo e determinato. 
Pius Schwizer


Quando entra in campo ha lo sguardo “cattivo” , ma non lo è. E’ concentrazione. L’uso della gamba è un po’ francese compensata molto dalla mano per la riunione. Apre un po’ le braccia che stilisticamente è scorretto, ma per lui di alleggerimento. Ha come un trans quando monta, il viso si inasprisce. Ma quando l’ho incontrato nella pausa pranzo, e mi sono complimentata molto con lui, il sorriso ha alleggerito l’espressione brusca, con un “Danke” che lo ha reso più solare. Ludger Beerbaum ha poi effettuato una strategia di percorso  da manuale il venerdì in sella a Chaman. La prima manche iniziava a mano destra con un largo pari insidioso, vicino ai palchi laterali. Il Kaizer ha preso il galoppo a mano sinistra spalle al largo, tutte e due le volte, curva stretta fino all’area delle premiazioni, dietro front sul galoppo rovescio e via sull’uno riunitissimo. Il cambio a volo dopo. Questo per far capire la lucidità e la perfezione mentale di questi Campioni inossidabili.  E’ stato già detto molto su Emanuele Gaudiano ed il suo stop al numero 3 in Coppa. Lui è un Italiano che ha scelto di andare in Germania per portare avanti la propria carriera equestre. Un Italiano di nascita  che monta alla tedesca. Il suo cavallo Cocoshynsky è Westfalen. E’ una operazione mentale oltre che stilistica abbastanza complicata., ma che sta producendo il suo risultato. E’ un  “quasi  tedesco” che per 8 centesimi di secondo stava strappando la corona del GP Roma a Skelton!!!
Emanuele Gaudiano
Infatti in premiazione il Kaizer Ludger su Chaman, con le redini tra le dita,  batteva le mani a Gaudiano . Quello che non si è detto, credo vada ricordato. Emanuele Gaudiano ha dichiarato a proposito del  suo Westfalen” Non si ferma mai. Non succede mai. Credo di aver allentato la pressione”. Guardiamola dalla parte del cavallo: primo giro prima manche in Coppa delle Nazioni . Gaudiano non attacca il giro. Parte cauto sull’uno e sul due. Il galoppo era molto cauto. Il cavallo poi sente venir meno la pressione mentre Emanuele è già avanti con le spalle, ma il cavallo non trova la battuta e si ferma. Il cavaliere italiano balza in avanti, tocca la barriera ma cade in piedi, porta con se le doppie redini, si trova faccia  a faccia col cavallo mentre la testiera è anche uscita via dalla nuca. Cocoshynsky è incredulo e pietrificato e aspetta, non si muove. Come se volesse dire “Che è successo, amico! Non ho proprio  capito. All’improvviso ci siamo persi. Comunicazioni interrotte! Perché ci guardano tutti? Usciamo da questo imbarazzo e cerchiamo di ritrovarci! Non è stato proprio bello essere soli in gara all’improvviso”. Questa, a mio avviso, il concetto tedesco, creare un cavallo sugli aiuti che attende sempre il cavaliere. Non ti puoi distrarre, non ti puoi emozionare non puoi allentare la pressione. Lui, il cavallo, diventa come una seconda pelle e sente tutto quello che fai o che non fai. E’ programmato ad eseguire non a pensare!

 

FLASH da PIAZZA DI SIENA 2013
Una 81ma edizione senza applausi e senza tribune.
Di Giulia Iannone
Prima Parte


Anche questa edizione se n’è andata, con il vento e l’intensa umidità. La  pioggia era invece ospite attesa e tradizionale protagonista che non poteva mancare!
I risultati hanno inondato tutti i canali mediatici in maniera poderosa.
Si affollano molte immagini, suggestioni, frasi, visioni, sensazioni.
Il new look dell’ovale: Non posso nascondere che ogni volta che mi affaccio dalla balconata della casina dell’orologio e vedo l’ovale senza erba....mi viene un groppo in gola. Mi consola subito il pensiero che la sabbia ha proprietà e durata e consistenza notevolmente  elastica,  molto più idonea  rispetto al mio egoistico attaccamento alla memoria ed al passato.  Quest’anno però è scomparsa anche la staccionata  rustica  sottile linea d’ombra tra il campo di gara ed il pubblico, fagocitata da una serie di pannelli luminosi con le scritte degli sponsor. Ho pensato che avrebbero fatto bella luce e grande effetto nelle gare internazionali in notturna: meno male! Almeno a quell’ora con tutto l’umido e senza pubblico, un po’ di luce faceva compagnia ai cavalieri stranieri che hanno lamentato l’assenza di pubblico ad ora  malsana, viste le condizioni climatiche, e soprattutto  l’assenza di applausi. Fatto l’esperimento, sentite le impressioni dei cavalieri, si  porrà certamente  giusto rimedio in proseguo.
Tutto attorno all’ovale, palchi “tal dei tali”  con coperture in plexiglas.
"un impatto soft" mi è stato spiegato
“Un impatto più soft” mi è stato spiegato. Sembrava una sorta di fiera o Mostra di Oltremare con tanti padiglioni. Il leit motiv predominante: rinfreschi e consumazioni a ciclo continuo.
Fauna mista tra il pubblico! Dolci, crostate, e teiere a spasso tra sedie e tavolini molto instabili. Clientela in spasmodica attesa. Peccato! Il tè al tavolo accanto viene rimandato indietro per ben due volte: Tragedia. Prima troppo freddo, poi tiepido. Molto grave assolutamente. Peccato che “di contorno” fosse in svolgimento la gara prima della Potenza. Arriva una fetta di Sacher torte di scusa da parte del bar del palco. Ma nulla da fare, il sacrilegio era compiuto e non erano neanche le 17!!! Avrei voluto ricordare che il Bar Doney non era molto distante da lì! Domenica mi ritrovo accanto due tipi che sembravano reduci dalla Guerra del Golfo. Da due grandi borse sono uscite delle enormi specie di armi con il mirino a raggi infrarossi. No, ho pensato siamo di pomeriggio ed in tempo di pace, vedo troppi film d’azione!  Erano degli zoom per alta definizione della foto amatoriale. Sapete la cosa divertente? Si spazientivano quando il fotografo accreditato con tanto di pass al collo,  si metteva sulla loro traiettoria fotografica. E’ vero, uscire di domenica per andare a fare delle foto amatoriali con tanto di Kit completo stile “Paparazzi della dolce vita” e non riuscire a tornare a casa con tutta ma proprio tutta la sequenza del Gran Premio Roma è davvero una bella catastrofe.
 Ho trovato molto ben fatto invece il servizio ristorante messo ben dietro l’ovale, in disparte, come è giusto che sia. Riservato , in un angolo idoneo a  consumare un pasto senza disturbare l’evento agonistico,  che, a mio modesto avviso,  dovrebbe ancora rappresentare la “pietanza principale” del Menù di Piazza di Siena!
 Dove si svolge la gara, continuo a sostenere, ci vuole il pubblico attento, concentrato, rispettoso, delicatamente partecipativo con il giusto entusiasmo e la giusta dose di applausi. Signori cari, si applaude per tutti, proprio per tutti, anche per gli stranieri. Ho visto scene da far rizzare i capelli, senza parlare del momento degli inni nazionali. E Santo Cielo, il calcio docet!  Il giovedi senza un grande afflusso di gente non mi è dispiaciuto tornare a rivedere le antiche gradinate tipiche a bordo campo.
Senza gente e senza tribune montate aveva sapore
 di altri tempi
Senza le tribune montate aveva sapore di altri tempi. Però dal venerdì di Coppa, per non parlare del Sabato con la Potenza e la Domenica di Gran Pemio, sembrava una bolgia infernale prima e poi una sorta di Festival di  Woodstock : tutta la gente arrampicata sulle balaustre e buttata sull’erba, su coperte, plaid, finanche su vasi grigi di plastica presi chissà dove. Altro che ricordi di spettatori con cappellini ed abiti delle Sorelle Fontana! Bisognerà studiare e rivedere qualcosa di eco-compatibile ma al contempo funzionale.  In tempo di rispetto dell’ambiente da cui assenza di tribune, rispetto del cavallo atleta da cui via l’erba e campo in sabbia, bene allora continuiamo su questa scia e togliamo finalmente questa Categoria di Potenza. E’ ormai anacronistica e fuori contesto. Lo sappiamo tutti. Serve a fare spettacolo, ma non ci sono più cavalli specifici e le gare sono rimaste davvero poche a livello Internazionale. Non sono neanche d’accordo sul dover inserire a tutti i costi una gara che faccia spettacolo tipo sei barriere. Non siamo più nell’era in cui al pubblico va servito panem et circenses. Spero! (continua)

giovedì 30 maggio 2013

“Il Completo alle Olimpiadi” da una idea di Adriano Capuzzo.
Il libro, edito dall’Ancce,  raccoglie le testimonianze dei partecipanti italiani dal 1948 al 2012.
(Si ringrazia il Comitato Fise Emilia Romagna e Fise Lombardia, partner sostenitori di questo progetto, per aver segnalato sul proprio sito web questa recensione.ndr)
Foto di copertina del libro


Adriano Capuzzo è sempre stato molto attento e desideroso di trasmettere.
“Non basta una vita accanto ai cavalli per imparare” aveva scritto al termine di una dispensa elaborata per il settore Completo dedicata ad Oteb ed istruttori, neofiti della Campagna e del salto in campagna.
 Da Cavaliere ed Istruttore responsabile, conosceva l’importanza della trasmissione e della documentazione nella didattica equestre.
Non solo della nozione. Ma della storia dell’equitazione, della storia del Completo fino alla  sua più alta espressione di gara: Il momento Olimpico.
I giovani della famiglia equestre di oggi, conoscono troppo poco delle olimpiadi del completo. Ad essi sfuggono fatti memorabili, vicende, storie e nomi di cavalli e cavalieri, gente di cavalli che sono stati proiettati nell’agone olimpico per mille ragioni, per caso o per fortuna, finendo nella storia.
Memorabilia da raccontare.
Adriano Capuzzo aveva scritto un racconto breve sulla storia della disciplina equestre del completo “da Londra 1948 a Londra 2012” Questo è  il concetto l’idea il pilastro di un testo che sarebbe stato ampliato e corredato da tante altre testimonianze e ricordi personali ad opera di altrettanti cavalieri italiani olimpici. La prima ed unica a rispondere ad Adriano fu immediatamente Lara Villata. Il libro rimane sospeso e nel cuore di Adriano Capuzzo.
Poi, nel dicembre 2011, Adriano Capuzzo ci ha lasciati all’età di 84 anni.
Restano ancora i suoi articoli, i suoi scritti, le sue lettere, dispense, riflessioni equestri finanche  sul web.
Mancava questo racconto sulle Olimpiadi di Completo di cui aveva parlato a lungo, ipotizzandolo, immaginandolo, assaporandolo come una visione con Roberto Censabella, amico sincero di Capuzzo e suo grande estimatore.
 Come  la Turandot si interrompe per la scomparsa del suo compositore per riprendere il suo canto, il progetto “Il Completo alle Olimpiadi”  è stato portato così avanti dall’Ancce e dal suo Presidente Roberto Censabella e da tutta una equipe "invisibile".
 Un lavoro duro, arduo, difficile che comincia nel gennaio 2012 e termina nel maggio 2013. Questa data va anche a coincidere con la conclusione del terzo mandato di Presidenza di  Roberto Censabella alla guida della storica  Associazione Nazionale di Concorso Completo fondata nel 1978  per il Completo ed a tutela dell’antico “military”.
 Questo libro rappresenta una opera di documentazione pregevolissima.
 A scandagliare archivi, pagine mancanti, fotografie perdute, smarrite, nell’oblio, sparpagliate e sedimentate da trasferimenti, traslochi... storie impossibili, dimenticate, raggomitolate nelle stanze dell’io e sigillate dal tempo. Molti protagonisti hanno fatto fatica a lasciarsi andare a ritroso nel tempo.
Sono ben  sette i  racconti a firma di Giulia Iannone. Cinque  nascono come altrettante interviste telefoniche confidenziali ed amichevoli : a Roberta Gentini, Marco Cappai, Geremia Toia, Vittoria Panizzon, Giancarlo Gutierrez. Una cronaca epistolare  ha rappresentato la documentazione di partenza per lo sviluppo del brano di Stefano Angioni su Monaco 1972, mentre  Il testo di Paolo Angioni è stato  ricavato da un post pubblicato su un  forum equestre in rete.  Non trovavano le parole, dicevano i più, non trovavano se stessi, poteva sembrare. Si è trattata di una operazione certosina ma quanto è emerso dai flutti del tempo è semplicemente affascinante. Molti hanno fatto pace col proprio passato, molti hanno ridato alla storia documentata in fretta, la giusta parola.
Molti hanno restituito onore e gloria al proprio cavallo, Savauge per esempio il cavallo di Stefano Angioni, ritirato per un infortunio e non eliminato. “Sauvage non mi disse mai di no” spiega Stefano Angioni nella sua storia.  Molti hanno aperto una finestra sui segreti del passato che ha un cantuccio nel presente.
Marco Cappai
 Un Geremia Toia allievo che “fugge da Los Angeles 1984” a distanza di quei giusti anni che trasmettono “nostalgia” ; Roberta Gentini che del sogno olimpico parla ogni giorno con Zigolo di San Calogero, pensionato d’elite non ai Pratoni del Vivaro, ma in casa della timida e riservata amazzone di Atlanta 1996,   il film “americano” vissuto da Marco Cappai, “eroe per caso”, Vittoria Panizzon tra Rock Model e Pennyz, Anchor Lady del completo Italiano e poi i miti del passato glorioso, Paolo Angioni racconta il suo incontro con Fabio Mangilli e la sua cronaca dettagliata della prova di campagna a Tokyo, qualcuno comprende dopo la prova del cross, ad Atlanta 1996,  di aver perso l’occasione della vita: scambiare due chiacchiere con la bella e “procace” attrice americana  Bo Derek, volontaria dello staff veterinario. Qualcun altro dimentica la caduta in cross sul numero 4 di Seoul 1988, con la nascita contemporanea  della propria figlia e comprende che non tutti i mali  vengono per nuocere!
Continuate a leggere voi! Ci sono tantissime storie di tanti altri protagonisti come Stefano Brecciaroli, Bartolo Ambrosione, Fabio Magni, Mauro Checcoli, Dino Costantini, i Fratelli Roman, Roberto Rotatori, Francesco Girardi... Sarete stupiti, toccati, letteralmente ipnotizzati da una storia infinita che vi porterà dritti alla Torre d’Avorio del pensiero e della vita equestre. Tutto questo all’ombra di una fiamma  che giganteggia ogni momento: il simbolo per eccellenza. I 5 cerchi olimpici.
L’Olimpo dello sport che cambia non solo la carriera, ma la vita, la mente e l’anima di ogni semplice binomio proiettato all’improvviso in un sogno senza tempo, mentre cambia e si rinnova e si trasforma la disciplina equestre del completo mutando le sue regole, le sue prove, ma non il suo concetto ispiratore.
Adriano Capuzzo sapeva che non basta vivere una storia o essere parte di essa. In un esercito in marcia tra cultura equestre ed espressività agonistica, bisogna trovare il tempo per la documentazione scritta. Solo ciò che si scrive viene consegnato alla memoria.
Valeva la pena continuare la staffetta raccogliendo il testimone e continuando a scrivere .
L’Ancce di Roberto Censabella,  consegna questo tempo alla memoria storica equestre.
Cosa aspettano le altre discipline a fare lo stesso?


Solo ciò che si scrive viene consegnato alla memoria....

mercoledì 29 maggio 2013

Il  “DOPO BADMINTON” DI VITTORIA PANIZZON
L’amazzone italo-inglese torna  in Italia per uno stage in giugno, mentre Pennyz si gode una  meritata vacanza.
Intervista e foto  a cura di Giulia Iannone

Cosa ha rappresentato per Lei  Badminton, gara al pari di una Olimpiade?
 Badminton ha un pubblico ed una visibilità incredibili per cui un buon risultato fa davvero colpo ...! Ora mi fanno i complimenti tantissime persone che non conosco, soprattutto perche' Pennyz si fà proprio notare ed amare da tutti! “Quanta popolarità ed emozionalità ha aggiunto alla sua vita personale ed equestre?
Il buon risultato di Badminton- 7ma individuale con doppio netto in concorso, ndr-  mi porta anche più lavoro: infatti l'interesse da parte della stampa e del settore in generale è cresciuto molto, così come le richieste di lezioni, stage e consigli a vario titolo. Tra le altre cose,  in Giugno,  sarò di nuovo  in Italia per uno stage: un'opportunità fantastica per trasmettere ai giovani e agli appassionati del mio Paese l'entusiasmo e la bellezza di questo fantastico sport che si chiama Completo!”

Sicuramente prenderà parte con Pennyz agli Europei: può parlarmi delle tappe di preparazione pre-Malmo?
All’appuntamento degli Europei mancano ancora diversi mesi... con i cavalli preferisco pianificare mese per mese perchè non si sa mai cosa possa succedere... Comunque quando Pennyz tornerà dalla sua vacanza, prenderemo parte a delle altre bellissime gare di  preparazione per gli Europei: Barbury, per esempio, ... gara stupenda e molto competitiva,  spesso usata come allenamento a Campionati dalle Nazioni Europee, Gatcombe, il Campionato Inglese,  una gara famosissima qui in Inghilterra, con un bellissimo pubblico e un percorso particolare. La prova di cross in special modo,  è molto influente e questo la renderà un test molto adatto a Pennyz, o almeno lo spero! Se ne sentirò il bisogno, farò anche un'altra gara minore di riscaldamento. “
Qualche altro lavoro specifico per il dressage test?
“ Certo! Insieme a  Pennyz,  saremo impegnate  per sistemare i cambi al volo in dressage: così la grigia salterina,  figlia di Cevin Z, avrà pochi rivali! Gli Europei sono sempre una gara bellissima, e non sono mai stata in Svezia, ... quindi spero di poter essere con la mia cavalla nella forma giusta per partecipare! “

Per dati, informazioni e dettagli precisi in merito allo stage che si terrà dal 25 al 26 giugno 2013 a Torino, è possibile consultare il sito www.adaywithapro.com

martedì 28 maggio 2013

NATALE CHIAUDANI DOPO PIAZZA DI SIENA
“Montavo  Camiro 19 solo dal lunedì prima di Piazza di Siena...
 il primo percorso netto al Gran Premio Roma è stato un piccolo miracolo”
Intervista Telefonica e foto a cura di Giulia Iannone


Domanda obbligata: Quale è la situazione di Almero 12?
“Sta meglio. Riprende gradualmente a lavorare”
Che cosa gli è successo?
“Ha avuto una distorsione. Ma dato che si tratta di un cavallo di notevole pregio, bisogna assolutamente cercare di salvaguardarlo, quindi non bisogna ricominciare troppo presto”
Facciamo un bilancio dopo questa intensa trasferta romana.
“ Un po’ di sfortuna tanto per cominciare il bilancio! Il cavallo di 7 anni che è molto competitivo, ha fatto due errori dopo sei mesi. Quindi è andata così. La cavalla Cardinale ha fatto molto bene- un quinto ed un quarto posto -  purtroppo con un errore al penultimo salto , altrimenti avrei vinto la gara. Ma anche lì l’ho persa! L’altro grigio, American Blue, ha fatto 4 penalità, che non è male, ma, bisogna fare dei tempi per ottenere  piazzamenti e per delle vittorie.  Camiro 19, questo cavallo nuovo – holsteiner da Cassini I- ha fatto un bellissimo percorso  al primo giro del Gran Premio Roma, mentre nella seconda manche è mancata un po’ la forma fisica. Ha ripreso a saltare da poco dopo un infortunio. Lo conosco da poco, per altro. L’ho montato la prima volta lunedì. E’ stato un piccolo miracolo il primo percorso.   Non perché il cavallo non sia capace, attenzione. Ma montare da poco un cavallo e farci subito il Gran Premio Roma! “
Lei è sempre il cavaliere che ci ha abituato ai “miracoli” ed alle imprese impossibili. Fa questo giro base straordinario, tanto da ricevere l’applauso spontaneo dello Chef de Piste che ha  svelato  il proprio entusiasmo! Si aspettava il netto?
Si. Negli altri giorni ho cercato  la messa a punto, la scelta della giusta imboccatura, la preparazione del riscaldamento, la giusta gestione delle linee, la valutazione  delle coperture, ma non eravamo lontani”

Ma questo Camiro 19 da dove è spuntato?
“ E’ un cavallo della mia amica Marta Bottanelli. Lo ha comprato dopo Pechino, aveva fatto quattro netti.  Non  è una novità che faccia questi grandi  percorsi. “
Lei ci si è trovato subito?
“Abbastanza subito. Con un po’ più di tempo...abbiamo fatto un piccolo miracolo in questo Gran Premio Roma. Si capisce”
Nella seconda manche?
“ Il cavallo ha avuto un calo fisico. Non era possibile attaccare troppo la gara. Per quanto riguarda la gabbia la prossima volta toglierò un tempo, però avevo paura di fare errore  ad uscire perché sarebbe venuta corta. Sull’ultimo salto, non è errore suo, stessa situazione dl cavallo di Staut. E’ come se fosse mancato il terreno sotto. Non ha trovato la battuta,ribadisco,  il cavallo di Kevin Staut ha fatto lo stesso”
Lei aveva capito che ci sarebbe stata l’affermazione di Nick Skelton?
“ Si,  anche se questa volta  Emanuele Gaudiano, c’è andato molto vicino.”
Lei che è un grande esteta, cosa ne pensa del new look di Piazza di Siena, senza le tribune laterali?
“ Forse come colpo d’occhio si. Ma con la dimostrazione che c’è qualcosa che  non funziona, perché c’era tutta la gente sparsa nel  prato!”
Per il proseguo, i suoi programmi di gara quali sono?
“ Per ora sto a casa , non ci sono dei programmi ancora stabiliti”
Ho visto una sorprendente Gratina impiegata per il dressage. Come nasce l’idea?“ E’ stata una richiesta di Paolo Margi che ha trovato Gratina molto dotata per il dressage. Quindi adesso la monta mia figlia Lucrezia in dressage!”
Lei in una recente intervista ha detto, in merito al nuovo volto federale, “ mi sembra che lo sport sia passato un pochino in secondo piano...la vicinanza federale in questo momento la si sente poco. Sono tutti impegnati in altre cose...abbiamo una situazione difficile, economicamente,  da mettere a posto.” Cosa vuol dire?
“Abbiamo sentito un pochettino la lontananza  “dagli atleti”. Ecco. Però sicuramente in proseguo si focalizzerà più l’attenzione sullo sport.”
Mi rivolgo al Chiaudani istruttore, oltre che cavaliere. Come ha vissuto dal punto di visto etico quanto è accaduto e si è rivelato sugli stages di Nelson Pessoa?
 Chiaramente questa vicenda  è stata un po’ esagerata e troppo strumentalizzata, questo non va bene. Dall’altra parte, durante uno stage rivolto a  juniores, sono state effettuate delle cose con un po’ di leggerezza”.



Coppa dei Giovani 2013 Piazza di Siena

COPPA DEI GIOVANI-TROFEO BRUNO SCOLARI 2013.
La Campania torna sul podio dopo 13 anni.
Dall’inviato a Piazza di Siena, Giulia Iannone

Domenica 26 maggio 2013, si è conclusa  a Piazza di Siena la Coppa dei Giovani intitolata alla memoria del grande cavaliere italiano Bruno Scolari scomparso a soli 48 anni.
Il podio nella classifica a squadre vede colorarsi di oro la formazione  del Veneto, di argento  la squadra dell’Emilia Romagna ed in terza posizione, inaspettata, dopo una assenza dal podio di circa 13 anni, di bronzo,  la squadra della Campania di Fabrizio Spanò.
Felice e sorridente, durante la premiazione, tutta la rappresentativa campana in trasferta: da Fabrizio Spanò Capo equipe, ai Fratelli Capuano, a Giovanni Petrone guida tecnica di Alessandra Pastore, a Gennaro Bacco, istruttore  di Antonio Giuliano. Con loro anche Francesco Salzano nonché  il Presidente della Fise Campania Montrone, che ha curato la preparazione mentale dei giovani atleti, al debutto sul  famoso ovale romano. La squadra della Campania era così formata: Sergio Morgillo con Korail du Loir, Riccardo Bucci De Santis con Power, poi, a rappresentare l’equitazione del salernitano, Alessandra Pastore su Utopia ed Antonio Giuliano su White Spirit.
Alessandra Pastore, classe 1995, in gara con il suo consolidato e sperimentato Utopia, cavallo Olandese del 2001 da Ilanta x Indoctro, proveniente dalle Scuderie del Belgio di Peter Postelman. Con questo soggetto, la giovane amazzone salernitana,  ha già preso parte a numerose competizioni equestri di particolare rilievo negli ultimi anni. Tecnico di riferimento è  Giovanni Petrone, parte di  quella illustre tradizione e cultura  equestre, che fa capo ai noti allevatori Morese ed ai cavalieri di ogni tempo, Piero e Raimondo D’Inzeo.   Un inverno di grande preparazione per Alessandra Pastore ed Utopia, con una serie di stage di approfondimento ed una bella sinergia col tecnico Lombardo Giorgio Nuti  mentre negli anni passati,  ha trascorso lunghi periodi dal cavaliere Roberto Arioldi.
  Antonio Giuliano, invece,  classe 1996 in sella a White Spirit, cavallo olandese 2003 da L’Esprit x Powergraaf,  regala alla sua squadra un  doppio netto nella due giorni di gara romana, con la cavalla che monta da circa un anno, e con la quale in 8 mesi ha ottenuto tutti i piazzamenti necessari per ritirare il secondo grado. Il coach di Antonio Giuliano è Gennaro Bacco,  uno degli “storici” allievi formatosi presso le scuderie dei Fratelli Petrone.  Con il suo doppio clean round, Antonio Giuliano va ad inserirsi  al sesto posto in classifica individuale. Nella medesima classifica, troviamo, ventesimo Morgillo per il Grifondoro col suo 1/0, 37ma Alessandra Pastore su Utopia per il Centro Ippico Campano con 4/0, 46mo Bucci De Santis su Power con 4/4 Centro Ippico Montenuovo, Diana Capuano, che ha gareggiato solo come individuale per il Centro Ippico Montenuovo su Caislean An Ri, termina  al 60mo posto con 10/1. “White Spirit” ha commentato Antonio Giuliano al termine della prova di domenica “è una brava cavalla, intelligente, volenterosa, diligente. Quando l’abbiamo presa era sicuramente un po’ indietro con la preparazione. Sinceramente ci ha stupito con questi risultati e con la sua affidabilità. Inutile nascondere la mia emozione di questi due giorni di gara. Però in genere gareggio in 1.30-1.35, quindi devo dire che il problema di questi tracciati non era rappresentato dall’altezza. Nella gara di domenica mi preoccupava la linea oxer-gabbia-verticale. Poi è venuto il netto e tutto è andato liscio. Vorrei concludere la stagione di gara prendendo parte quest’anno al Campionato Italiano assoluto che si disputerà in  settembre”. Mi ha colpito molto” ha detto l’istruttore, Gennaro Bacco” e mi è piaciuto come Antonio ha affrontato il percorso: con la cadenza giusta. La cavalla ha un grande talento e giusti mezzi, ma poca esperienza di gare ed il problema principale di questo soggetto, dotato di poco sangue, è che il suo cavaliere deve costantemente dialogare al fine di mantenere la regolarità di ritmo. Antonio ha fatto tutto questo, ed in più ha gestito bene la pressione di gara. A lui lo Chef de equipe aveva affidato il compito di partire per ultimo, perché in genere è veloce e preciso. Ha mantenuto le aspettative. Questo è stato un grande test di un giusto atteggiamento mentale. La settimana prossima ritirerà il suo secondo grado!” Quanto ai percorsi del Trofeo Bruno Scolari, Bacco ha commentato: “semplici, lineari, fluidi ed onesti nei confronti di un binomio giovane che deve imparare a montare bene. Sono questi dei tracciati che obbligano a ragionare in sella , le combinazioni non erano insidiose, ma tecniche: corte e delicate. La risoluzione in questo tipo di percorsi ideati per l’occasione è quella di essere semplici ed efficaci, come sarebbe piaciuto a Bruno Scolari.”  

mercoledì 22 maggio 2013


Quel Campione chiamato “Nick Skelton”:
LA LONGEVITA’ DELLA SCUOLA CLASSICA EQUESTRE.
Di Giulia Iannone

E’ il Campione showjumper  ideale, morale, concettuale il simbolo della migliore tradizione equestre di ogni tempo, senza tempo.
E’ lui, Nick Skelton, classe 1957, Made in England.
 6 netti in queste Olimpiadi 2012 ed una “maledetta” barriera che osa cadere a rovinare questo record fantastico, quella galoppata grandiosa verso il podio individuale.
Dopo l’oro a squadre, Skelton meritava anche quello individuale.
Ma fa parte del gioco, ed il cavaliere nato ad Exhall, se ne accorge al termine di quel meraviglioso percorso e si leva il cap, salutando la folla di casa e chiudendo le spalle sorridendo comunque  alla sorte beffarda ed infingarda che si è presa gioco di lui.
Ma egli esce dal campo a testa alta, redini lunghe per Big Star, naso basso e sguardo sconfitto.
 Però ho visto una luce speciale brillare da quel binomio:  la luce sul  suo stile, sulla  sua classe, sulla sua espressività tecnica equestre che vive evergreen.
Dettagli, sentimenti, curve girate, parabole fatte in un certo modo.
Più di ogni altra cosa è un dettaglio che balza immediatamente all’occhio: “ quella staffa, ovviamente di inox pesante e non di carbonio o plastica, calzata fino in fondo, a mezza suola, ampia” la mano del cavaliere  che avanza decisamente incontro alla bocca e sul largo diviene quasi un tuffo in cui il cavaliere si dona tutto e totalmente alla parabola affinchè salga il garrese. La mano e l’inforcatura dolce e sensibile in battuta, e l’ho rivisto con speranza ed aspettativa anche nell‘inglese nuova generazione,  Scott Brash. Quest’ultimo ha un misunderstanding col suo cavallo in battuta prima di un largo, ma risolve con semplicità restando neutro, piuttosto che fare, segue il suo cavallo che risolve ed anche senza errore!
Anzi nella squadra inglese ho visto molto di classico e di naturale che fa bene alla scuola equestre: la semplicità nell’interpretare, imboccature base come filetti, filetti a D, al massimo un pelham.
 Mani nude.
 Ho rivisto tanti e tutti in questa equitazione che lascia fare e lascia passare azione, l’inforcatura leggera, una galoppata sonora e ritmica che risuona sulla sabbia, cedere spesso, una “chiamatina” all’occorrenza sulla barra interna per richiamare, per avvertire, per mettere in attenzione, ma non per soffocare o forzare una distanza.
Tornano alla mente tanti cavalieri cari della nostra “storia” equestre, che balzano fuori dalla loro cornice in bianco e nero ed emergono dalle nebbie del passato che sconfina nell’oggi!
 Non so, penso che ognuno di noi abbia un riferimento equestre! Fratelli Whitaker ? Fratelli D’Inzeo, per esempio!
In quelle mani mobili scompostamente dinamiche di Nick Skelton, quelle redini prese a ponte talora corte, talora lunghe fino a toccare la pancia, tese, libere, ho visto il cavalier Mancinelli con il suo oro olimpico. Monaco 1972.
Ecco cosa può fare la visione di una staffa presa non così tanto in punta che usa la tecnica corrente moderna!
La definisco la “longevità” di quella scuola equestre classica che rende taluni Campioni Cavalieri protagonisti di ogni evento agonistico indipendentemente dallo scorrere del tempo.  E’ un concetto che attraversa le discipline equestri, è interdisciplinare, poiché il sistema e le dinamiche che animano questo canone è naturale, è antico ed eterno poiché segue perfettamente  i baricentri  del cavallo. Si evolve insieme all’evolversi delle linee ed alla qualità dei cavalli, ma il sistema resta assoluto, poiché valgono i principi che lo alimentano.
Senza troppi giri di parole, è il sistema naturale inventato e codificato mirabilmente dal nostro Federico Caprilli!
Se ci fossero stati oltre Skelton anche i fratelli Whitaker-John e Michael- avremmo visto ogni nouance di questo stile che sopravvive nella sua massima espressione oltre manica ed oltre oceano. Ne sono stati in parte espressione l’americano Rich Fellers con Flexible lo stalloncino sauro di 16 anni con il suo cavaliere star and stripes,  di cui un commentatore equestre così ha saputo dire del suo stile e posizione in avanti nel galoppo “E’ una posizione particolare.  Sembra  sornione il cavaliere nel suo invisibile far nulla!” , avremmo potuto inserire in questa discorso anche l’americanissima Beezie Madden che di questo sistema anch’ella è interprete, preparata dal mitico George Morris Chef de equipe USEF per la sua ultima olimpiade prima del ritiro forzato per problemi di salute. Ma Beezie stavolta ha perso la magica galoppata e lo scorrere in avanti senza fare nulla, fatto di cedere piuttosto che tenere. Ed è uscita dai giochi!
Nick Skelton, 55 anni. In sella a soli  18 mesi!  
Il suo nome è legato a doppio filo a cavalli come  Maybe, If Ever,   Apollo con il quale ha vinto moltissimo, poi Top Gun, Dollar Girl, Limited edition, Tinka’s Boy, Arko III.  I suoi attuali cavalli di punta sono Big Star, Carlo 273 ed Unique, di proprietà di Beverley Widdowson.
Nel settembre del 2000 egli riporta una frattura al collo: sembra essere la fine della sua carriera equestre.  Non sarà così: il britannico torna sulle scene equestri con il fido Arko III, lo stalloncino dallo sguardo dolce che Nick aveva già montato come cavallo giovane, prima del suo incidente al collo. Nel 2004  con questo fantastico animale il cavaliere Skelton vincerà il British Open Title e ad Atene sfiorerà la medaglia, dopo essere stato in testa fino all’ultimo giro. Stessa vicenda del 2012, cavallo di nome Big Star!
Sta per uscire la sua biografia, dal titolo “Only falls and horses” ossia “solo cadute e cavalli”.
Consentitemi, Steve Guerdat a 30 anni medaglia d’oro individuale a Londra 2012.
Nick Skelton, 55 anni, medaglia d’oro a squadre nel salto ostacoli a Londra 2012, medaglia d’oro ideale e concettuale come simbolo di “Scuola equestre”.

                                                                                    GIULIA IANNONE

Il Coach non è Atlante



Il COACH NON E’ “ATLANTE”!
 Arduo il suo compito, ma  non può farsi carico di tutto!
Di Giulia Iannone (ispirato dal columnist “William Micklem”)

Dopo aver compiuto una delle 7 fatiche di Ercole: la scelta del cavallo giusto per la carriera del proprio allievo, il Coach dovrà sapersi mettere da parte.
A lui non spettano le luci della ribalta, per lui il cono d’ombra dal quale vegliare sul proprio allievo.
In occasione dell’apertura della stagione agonistica 2013, sembra appropriata una riflessione in più sulla figura del “coach” come si usa dire in gergo tecnico. L’ispirazione proviene da un testo di un grande allenatore di fama internazionale, William Micklem- che ha lavorato presso il Mark Phillips Equestrian Centre di Gleneagles in Scozia- completista della migliore tradizione e cultura.
 William è, inoltre,  un coach di livello Internazionale, “educational e motivational speaker”,  parte della British Horse Society ed è autore del Manuale Completo di Equitazione, manuale didattico record di incassi e distribuito in tutto il mondo. E’ stato lo scopritore di Biko, Giltedge e Custom Made, cavalli da completo, vincitori di 3 medaglie olimpiche con Karen e David O’Connor., nonché allevatore e addestratore di cavalli da completo, ad esempio,  Mandiba il cavallo olimpico di Karen O’Connor e High Kingdom il cavallo di Zara Phillips. E’ anche l’inventore della Micklem Bridle, introdotta ed approvata nella prova di dressage secondo disposizione FEI.
Tra le  molte pagine che sono state scritte sulla figura del coach in equitazione, questa è sicuramente una delle più toccanti, profonde, moderne e didattiche di ampio respiro.  Ne ho scelto alcuni estratti per VOI!
Quanto è famoso il tuo coach? Sei assalito da  timore reverenziale non appena il tuo coach entra in campo? Il suo curriculum vitae pieno di medaglie d’oro arriva in campo prima di lui ed aggiunge valore alla lezione? O questa cosa rappresenta una barriera per imparare? Il tuo coach per te, nella tua mente, potrebbe essere sempre ad altissimo livello ed essere un “guru”! un guru non è una divinità, al cui cospetto si inchinano i veri credenti, un guru si definisce tale  per via di una personalità carismatica e di un modo di pensare “originale” che è in disaccordo con quelli che si sentono così eccezionali. Questi rari Campioni, tentano di dare a se stessi valore aggiunto, criticando il resto della realtà tecnica –perfino i propri studenti-,  preannunciando rovina ed oscurità a meno che non venga seguita la loro via tecnica.
Pretendere non significa umiliare
Molti di noi probabilmente hanno visto istruttori far sfoggio di sé  dinnanzi al pubblico presente, invece di prestare massima attenzione ed assistenza ai propri studenti. C’è anche il coach che deride e denigra i suoi studenti come metodo per mostrare a tutti la propria superiorità ed il proprio sapere. Alcuni istruttori, che appartengono alla vecchia scuola equestre, ancora, la fanno franca con questa loro fragorosa negatività e comunicazione a senso unico. Costoro vengono difesi da quelli che sostengono che alcune verità spiacevoli dette di tanto in tanto siano essenziali, che gli allievi moderni sono tutti avvolti  nell’ovatta e protetti dalla dura realtà del mondo agonistico in cui insuccesso e sconfitta sono all’ordine del giorno.  Io non ho paura di essere un coach esigente. Io posso alzare la mia voce con i migliori tra i miei studenti, ma deve essere una voce alta permeata di entusiasmo ed incoraggiamento, una voce alzata che indica cosa sia necessario fare, non quello che essi non dovrebbero fare. Ed io sono un completo sostenitore di quella filosofia secondo la quale, tu non PUOI esigere molto senza essere prima di tutto generoso. Non facciamoci delle illusioni, non inganniamo noi stessi : una costante negatività o una regolare sequenza di insulti non è  utile nell’apprendimento ed in gara, qualunque sia lo sport in cui ci prepariamo. Optiamo  per  una strategia opposta, fatta di lavoro positivo per quanto sia possibile, basata sul dire al tuo studente cosa vuoi da lui e non quello che non dovrebbe fare; creando la confidenza nell’allievo, elogiando a tempo debito la determinazione. Si progredisce molto più facilmente con impegno e lavoro positivo rispetto ad altri metodi di insegnamento. Questo è dimostrato.
Il Rispetto è la situazione vincente!
Un coach deve mettere in primo luogo a suo agio il proprio studente e da qui far nascere un forte legame ed ascendente sull’ego di costui. In questa ricerca delle priorità vi sarà uno sviluppo ironico della faccenda, se vogliamo. Nel momento in cui l’allievo prende forza e vigore e sicurezza e consapevolezza delle proprie capacità, la gloria andrà a riflettersi sulla figura dell’istruttore. Questa è da definirsi davvero una strategia altamente vincente.
Perciò io ho un detto in merito alle priorità:
Gli studenti sono le cartine di tornasole della nostra abilità equestre. Loro non dipendono da noi; siamo noi a dipendere da loro! Noi non stiamo facendo loro un favore “servendoli” , sono loro a farci un favore dandoci l’opportunità di fare il nostro lavoro di coach. Tuttavia, solo se educhiamo al meglio noi stessi, allora potremo educare al meglio i nostri studenti. L’insegnamento che dura tutta la vita è una priorità dell’istruttore.
Questo riflette i due lati della stessa moneta, tra le mani del coach, e si chiama rispetto. Da ambo le parti insomma. Pensare che noi siamo dipendenti dei nostri studenti, esprime il rispetto per ognuno di essi. Lo studio costante da parte dell’istruttore, della propria materia, manifesta rispetto nei confronti del proprio allievo. Da questo si evince che vi è un rapporto osmotico tra coach ed allievo ed è basato sul rispetto.
Il ruolo del coach: Gli occhi non sono puntati su di lui!
Questo è il motivo per cui la frase: “ Non tutto riguarda te, istruttore”! è una delle frasi più pregnanti nella carriera del coach. Potrebbe essere un concetto spiacevole da accettare per un coach, almeno all’inizio. Potrebbe qualche volta suonare anche come un insulto, ma se invece si riesce a cogliere nel profondo la vera essenza di questa frase, ben presto essa entrerà a far parte della vita del coach in maniera davvero preziosa. Una seconda pelle: un insegnamento che rende liberi.  L’istruttore comprende di essere libero mentre insegna, nel senso che non deve salire in scena mentre insegna, dinnanzi ad un pubblico e dinnanzi ai propri allievi. L’istruttore è allo stesso livello, dirigendo, incoraggiando, spiegando, dimostrando, agevolando, e la cosa più importante studiando, studiando l’allievo mentre si allena ed in gara e continuando ad imparare dalla loro esperienza.
Solo in questo modo gli allievi impareranno a stare ed a camminare sulle proprie gambe, e a diventare indipendenti.  Cosa può chiedere di più un coach?
La prova tangibile di quanto sia bravo un coach, non è quanto egli faccia per i suoi studenti, ma quanto gli studenti facciano per se stessi. E’ un po’ diverso dal ruolo di un genitore. Il coach non è un GENITORE che incoraggia e consente al proprio figlio di prendere le proprie decisioni e trovare la propria strada nella vita. E , come molti padri, William Micklem è fiero ed orgoglioso di ricordare, che i suoi figli sanno bene cosa significhi “ It is not all about you, Dad”. . .



Il sorriso dice tutto


L’Atteggiamento Mentale:
“Il Sorriso dice tutto”!
Il potere espressivo del sorriso, tra didattica e performance.
Di Giulia Iannone
( ispirato dal columnist”William Micklem).

La prima cosa che osservi in una persona non è l’abito, semplice o sfarzoso che sia. La prima cosa che noti è il suo volto. Da questo punto di vista, il sorriso dice tutto! Non tutti gli animali possono sorridere, al contrario gli umani possono farlo in maniera splendida. Senza aggiungere una sola parola, un sorriso può dire: “Benvenuto! Vieni dentro”, “Vai avanti, stai facendo bene” o, probabilmente l’espressione più apprezzabile di tutte “ questo è divertente! Questo è piacevole ed è piacevole fare questo insieme a te”.
Se il coach procede solo esprimendosi con gesti, se sta lavorando ad un livello, alto o basso che sia, questo comportamento finirà per renderlo spiacevole; se è infastidito, allora anche il sorriso sarà assente o alla meglio forzato e vuoto, e gli allievi vedranno e sentiranno  rapidamente questo. Come conseguenza, gli studenti perderanno l’effetto straordinariamente positivo di riconoscere nel  coach, mentre lavora in campo con loro, gioia e voglia di fare.
Le  tre “SSS”!
Questa è una parte importante di quello che io chiamo “ esprimere  solarità ”!  essere sempre solari è un requisito chiave per gli istruttori, perché l’insegnamento è tutto basato sulla interazione umana. Tutta la conoscenza tecnica del mondo è virtualmente inefficace senza le doti umane che uniscono e mettono in relazione  con lo studente in una maniera positiva.
“Esprimere sicurezza:  deve essere la priorità in ogni situazione sportiva, ma esprimere solarità potrebbe essere concatenato con la sicurezza. Questi due elementi, rappresentano i pre-requisiti per un insegnamento di successo.  Elementi degli insegnanti di scuola e dei “coach” dello sport che ricordiamo molto bene. Non necessariamente gli istruttori devono essere i più brillanti o famosi, ma devono essere quelli di cui ci fidiamo e che trovano piacere nell’insegnare proprio a noi, quelli che sanno creare un legame speciale,  quelli che sorridono ed esprimono solarità e positività, nonostante la consueta sequenza di pressioni e difficoltà nel lavoro. Questi sono i maestri che ricordiamo di più. Io credo fermamente che si possa insegnare agli istruttori in che modo poter essere solari e positivi.
C’è una terza parola che incomincia per S e che io collego a solarità  e sicurezza- , ed è semplicità. “Esprimere semplicità” è  il “santo Graal” dei Coach e semplicità è la parola più potente ed efficace nell’insegnamento. Essa accelererà il progresso di miglioramento nei cavalieri di ogni livello tecnico ed in tutte le attività. Perciò io cerco sempre di perfezionare e ridurre e semplificare , non importa si tratti di un finimento, di un esercizio in fase di allenamento, o di una frase. Questo è il principio ispiratore sia della Micklem Bridle sia delle mie “costanti e variabili per tutti gli esercizi” ( Micklem, nel suo insegnamento parla di  costanti- calmo,in avanti,dritto, leggero; e Variabili: direzione, velocità, impulso, equilibrio e tempismo. )  più semplice equivale a più facile da capire per cavallo e cavaliere, meno deviazioni e conclusione assoluta, meno tempo sprecato, e perciò,  una porta aperta verso un maggiore progresso.  Questo è valido, in particolare, per i cavalieri agonisti, dal momento che la ricerca  ha mostrato che la maggior parte di noi ha la funzione cerebrale cognitiva ridotta tra il 3-30 % quando si trova sottopressione.
Ecco perché, al peggio, noi diventiamo mentalmente e fisicamente “congelati” quando sotto pressione, o al meglio, facciamo errori stupidi. E’ capitato a tutti noi!
Però, mantenere le cose semplici, ci aiuta a fare la cosa giusta anche se siamo sotto la pressione della gara, in un barrage contro il tempo o in un cross country!  Come risultato, noi siamo più sicuri.  Questa è la grande “ricompensa” che noi non possiamo ignorare, e questo è perché noi abbiamo bisogno di contestare tutti i complicati e spesso contraddittori metodi equestri “in vendita” oggi.
Ecco perché la seguente citazione è sempre con me:”Noi attribuiamo bellezza a ciò che è semplice, che non ha parti superflue, che risponde esattamente al suo scopo, che si collega a tutte le cose, che è il significato di molti estremi” Ralph Waldo Emerson.
Dunque,  il compimento della più grande semplicità crea quello che io chiamo i momenti alla  “Carl Lewis o Sebastion Coe” miglioramento nel rendimento che produce bellissimi risultati entrambe in azione e sullo scoreboard. Carl Lewis è stato plurimedaglia d’oro negli anni ’80 e 90 come sprinter e nel salto in lungo ( 19 volte, tra Olimpiadi e Campionati del Mondo) e Sebastion Coe due volte medaglia d’oro Olimpica nei 1500 mt negli anni ’80. entrambe due magnifici runners con ogni gesto in armonia ed ogni cosa al posto giusto!  Negli sport equestri, queste qualità si trovano riassunte in cavalieri tipo il Britannico Carl Hester, che abbiamo visto brillare alle ultime Olimpiadi di Londra 2012, l’ostacolista francese Michael Robert, la superstar del completo Inglese William Fox Pitt. Questi cavalieri di elite mantengono le cose magnificamente e classicamente semplici. In più tutti loro adoperano filetti semplici, senza uso di martingale o strumenti di altro genere sia in addestramento che in gara. ( ovviamente, secondo le regole internazionali, Carl Hester deve usare morso e filetto nelle categorie di advanced level). Tutti loro hanno un assetto splendidamente in equilibrio e morbido, e tutti si sforzano di fare meno, piuttosto che troppo quando montano e cercano di evitare lo scontro con il proprio cavallo e la forza. Come risultato di questa grande semplicità, i loro cavalli sono “happy atlete” costantemente a proprio agio. Ecco perché sono vincenti.
Per questa ragione, tali cavalieri, sono etichettati come “talenti” , suggerendo che nessuno può copiarli o eguagliarli. Ma è vero il contrario. Essi sono grandissimi esempi per lo sport che essi rappresentano, proprio a causa della semplicità del loro modo di montare e lavorare. Essi non fanno affidamento su trucchi o scorciatoie, metodi complicati, forza, o qualcosa che sia irripetibile. Cercare di copiare o riprodurre i modelli di cavalieri non-ortodossi, sarebbe più difficile. Il punto chiave è che questi cavalieri, ed anche grandi istruttori, rendono semplice ciò che è apparentemente complesso. Capire che questa cosa sia possibile, è molto motivante per coloro che vogliono fare bene.
Non si può sbagliare con le tre SSS!
Esprimere sicurezza, semplicità e solarità produrrà costantemente il giusto risultato sia sullo scoreboard  sia sul volto degli allievi, che rappresenta il risultato ideale.  Pertanto le parole che iniziano con le tre SSS, sono i requisiti che io cerco in un coach e rappresentano la priorità nella formazione del coach.  Essere costantemente sicuri, semplici e solari è un enorme risultato dei buoni istruttori e la sfida per tutti gli istruttori che progrediscono nel proprio mestiere.  Può  sembrare parlare dell’ ovvio, quando scriviamo, ma molti istruttori non sono preparati a sufficienza su  questo tipo di argomenti. In maniera particolare, troppo pochi realizzano l’importanza di un sorriso genuino, che mostra il  piacere di stare con i propri allievi. Gli allievi hanno bisogno di istruttori solari, ed istruttori solari producono allievi solari.  Come si trovava scritto sui vecchi manuali del Pony Club” una  persona che sorride è una persona utile”