“I PRATONI DEL VIVARO SONO LA
VERA CASA ED IL MONUMENTO IMMORTALE DEL SUO
ESISTERE.
FACENDO VIVERE I LUOGHI OMAGGEREMO IL CARO ALBINO”.
FACENDO VIVERE I LUOGHI OMAGGEREMO IL CARO ALBINO”.
ECCO
COME FAREMO A PORTARLO CON NOI NEL FUTURO!
A cura di Giulia Iannone
Abbiamo dato ormai l’ultimo saluto terreno al nostro
amico Albino, con una bellissima cerimonia funebre tenuta nel maneggio coperto
dell’ex centro federale, al cospetto di una sala gremita di gente, commossa,
addolorata, molto emozionata. Tra loro i giovani dell’ultimo raduno Junior e
Young Riders tenutosi in settembre ai Pratoni, è là che molti ragazzi hanno conosciuto l’ultimo testimone di quel
grande progetto tecnico e culturale che è la fucina del completo italiano. Abbiamo chiesto a
Francesco Girardi di darci il suo contributo nella prospettiva di donare ad
Albino Garbari un futuro in termini di ricordo pregnante per il nostro domani
culturale della nostra storia equestre.
Ecco cosa ci ha detto il cavaliere olimpico di Seul e
Barcellona:
“ E’ difficile descrivere a parole Albino Garbari.
Se n’è andato in punta di piedi, così come è vissuto.
Mi rendo conto,
oggi ancor di più, di quanto sia stato
importante nella mia vita e non solo a livello equestre. I ricordi tornano vivi e si colorano ad uno ad
uno in queste ore. Il Caro Albino è stato parte dei miei esordi professionali e
tangibilmente della mia giovinezza. Tutta
la mia famiglia è legata solidamente a
questo uomo speciale.
Ho conosciuto Albino Garbari nella metà degli anni
’80.
Il Marchese Fabio
Mangilli mi aveva chiamato come cavaliere federale. Questi sono gli anni di
massimo splendore dei Pratoni. Il Centro
Federale ospitava sia il gruppo del
completo che del concorso ippico. Giusto per citare qualcuno, il team era
composto da Gianni Govoni, Atzeri, Gigli, Palmizi che lavoravano con Raimondo
D’Inzeo, poi c’erano i cavalieri del completo , seguiti dal Marchese ed era composto da Bartolo Ambrosione
, Sandro Fiorani. . . Quando io sono arrivato era ancora vivo Fabio
Mangilli ma sarebbe scomparso di lì ad un anno.
Andavo a scuola a Roma ed il pomeriggio prendevo la
macchina ed andavo ai Pratoni del Vivaro. Ad aspettarmi al CEF c’era il Marchese Mangilli ed Albino. Da lì è
nato un legame intenso e profondo, perché la mattina lavoravano gli altri
cavalieri federali, invece il pomeriggio c’eravamo solo io lui ed il “Marchese”
sopra la collina. Io ero arrivato al Centro Federale con varie prospettive
invece poi mi sono dovuto rimettere in gioco ed in discussione. Tutta la conoscenza del cavallo vera e propria, la
cura e gestione del cavallo in scuderia, in gara in allenamento, la devo senza
esagerazioni ad Albino. Si arrabbiava su
tutto... ma aveva sempre ragione lui!
Ricordiamoci che alla morte del Marchese, quando
alcuni cavalieri federali erano usciti di scena, noi rimanemmo da soli con Albino. Ed a questa fase risale la
venuta ad esempio di Fabio Magni ed Andrea Verdina.
Per la cronaca Albino ha avuto nella sua vita solo
due allieve : Teodolinda- sua moglie come tutti sanno - e mia moglie Lalla e insegnava loro in maniera gratuita. Quanta differenza di stile e generosità
rispetto alle persone di oggi!
Gli ho fatto
fare parecchi chilometri per inseguirmi, all’epoca in cui ero cavaliere federale al Cef , perché stava
nascendo un sentimento con la mia attuale moglie Lalla. Spesso coglievo
occasione per allontanarmi da
occhi indiscreti, andando a passeggio con Lalla a cavallo tra le colline dei Pratoni! Questa cosa faceva
impazzire Albino il quale in sella alla sua vespetta bianca ci veniva a cercare
nel territorio sconfinato dei Pratoni che però lui conosceva benissimo! Ci
ricordiamo io e Lalla questa simpatica situazione, nella quale Albino non
riusciva poi a trovarci regolarmente!!!
Quante cose ha vissuto il Grande Albino, in quante
vicende anche umane si trova mescolato con la discrezione e l’eleganza di un
Signore di altri tempi.
Potrei raccontare cento e più frammenti di vita
vissuta con Albino Garbari, ma la morale, l’essenza è quanto ci ha trasmesso
questa figura significativa : la cultura equestre, la sensibilità e l’esempio
dell’uomo vero di cavalli, sempre con un aspetto burbero, distaccato, ma che ci
dava tutto di sé.
Per noi Lui era l’emblema dello sport e dei Pratoni.
Per noi Lui era l’emblema dello sport e dei Pratoni.
Albino e Francesco Finocchiaro Photo Courtesy Stefania Rizzardo Argenton |
Albino non era un tecnico, era il factotum , l’uomo
che sussurrava ai cavalli ed inoltre un grandissimo costruttore di percorsi,
sempre in linea con il concetto di equitazione naturale. Lo ritroviamo
perfettamente allievo del metodo mangilliano e quindi caprilliano quando
costruisce i salti di campagna: i suoi
sono stati dei percorsi di cross molto
sicuri, vicini alla natura, vicini al sistema equestre naturale. Nel tempo
anche questo stile di costruzione si sta perdendo ecco perché molto spesso i
cross di oggi diventano pericolosi per i cavalli. Ma ad un certo punto ad
Albino Garbari è mancato il centro per eccellenza dove esercitare ed esprimere
la propria sintesi della cultura che aveva respirato e vissuto al CEF essendo
venuto meno il comprensorio dei Pratoni. Il suo messaggio di una certa epoca di
equitazione italiana era disseminato ovunque ai Pratoni del Vivaro, anche
sottoforma di salti di campagna.
Del meraviglioso gruppo originario di professionisti
che hanno “fondato” i Pratoni oggi sono scomparsi quasi tutti: Fabio Mangilli, Salvatore
Germano, Il Dott. Menichetti, Albino
Garbari. Resta solo in vita Gianni Nicolè che però era addetto al gruppo del
concorso ippico. Ricordiamo che Albino insieme a Nicolè, si era trasferito da
Padova alla fine degli anni ’50 per andare a costituire questo fantastico Team
che aveva nel Marchese Mangilli una magnifica guida tecnica, ma non solo. Testimoni
di quella formazione ce ne sono parecchi in giro, credo che il più
rappresentativo sia Mauro Checcoli. Credo che lui sia l’erede e depositario
della tecnica e cultura severa precisa rigorosa e preziosissima del marchese
Mangilli che affonda le sue radici nel metodo naturale di Caprilli. Scomparse ad uno ad uno queste personalità illustri
illuminate e geniali instancabilmente dedite alla loro opera corriamo il rischio
di perdere il sapere ed il bagaglio culturale che essi avevano messo a
disposizione di tutti all’interno di questa meravigliosa “Scuola” che erano e
devono essere i Pratoni del Vivaro. I luoghi sono fatti di persone, di
sognatori sapienti , Maestri, Uomini di cavalli, Cavalieri, espressioni di un' era, di un sapere di un metodo che nell’oro olimpico di Tokyo 1964 ha avuto il suo culmine massimo. Con Albino se ne va l’ultimo
testimone di questa splendida
equitazione, senza invidia, gelosia, cattiveria, interesse. Abbiamo tanta paura
di restare con la parte amara e deteriore di questo ambiente che sempre più tocchiamo con mano in questi
anni. Un vero erede di Albino Garbari non esiste! Sono stati suoi discepoli ad
esempio Francesco Finocchiaro e Giuseppe Della Chiesa, ovviamente poi ognuno ha
preso la sua strada ed ha dato un taglio peculiare alla propria identità.
Albino era unico!
E’ una figura irripetibile insostituibile. Albino però nella
sua unicità rimarrà in essere se rimarranno in vita i Pratoni del Vivaro.. Il
magnifico tempio del completo italiano che ci ha invidiato tutto il mondo non è
un semplice luogo, è una entità morale, spirituale, culturale che trasuda da
ogni parte la storia dell’equitazione italiana, e ci parla di cavalieri e figure
che tanto hanno fatto per la nostra equitazione. Io sono testimone ed erede di
una epoca meravigliosa dal punto di vista equestre, di un “piccolo mondo” ove
in un solo luogo, erano racchiuse le tre discipline equestri in una espressione
di continuità e dialogo osmotico: a me bastava girarmi e vedevo lavorare
Raimondo D’Inzeo da una parte e dall’altra il Marchese Mangilli, palestra di
idee di motivazioni di strumenti didattici. Non posso ammettere che le
generazioni future interessate agli sport equestri debbano perdere in un
istante, con un colpo di spugna, tutte le meravigliose pagine di sport e di
insegnamento equestre che sono state scritte ai Pratoni.
Il solo modo per omaggiare e dare un tributo perenne che resiste allo scorrere del tempo è mantenere in piedi, dando nuova linfa, il Centro Federale. Sono convinto che non si dovrebbe chiamare solo Centro Equestre Ranien di Campello, bisognerebbe trovare una dicitura che renda onore e memoria imperitura a tutti loro, Albino Garbari compreso. Nel mio piccolo combatterò per non far morire quella casa e quello scrigno di valori ed insegnamenti. In fondo, quella è la vera casa di Albino ed il monumento perenne del suo esistere. La cultura la respiri camminando ai Pratoni e nessuno potrà defraudarla, saccheggiarla o strapparla come è stato fatto negli ultimi tempi. Albino ha seguito formalmente la sorte dei Pratoni del Vivaro : erano e sono sostanzialmente la stessa cosa e mentre sbiadiva sfumava veniva abbandonato al degrado all’incuria l’uno, appassiva si rattristava e soffriva in silenzio l’altro. Molte sono le persone che sono state vicine ad Albino, gli amici veri, gli ammiratori, gli estimatori, una moglie amorevolissima, figure come Mauro Checcoli e Roberto Rotatori che è stato commovente e lo ha voluto sempre al suo fianco nell’incarico di CT ed era affascinato dall’uomo così come dai Pratoni. Credo che la proiezione del ricordo di Albino nel futuro tanto dipenda dalle sorti dei Pratoni del Vivaro. Albino Garbari è lì, per sempre, e dipende molto ora da noi e dal nostro coraggio, dalla nostra autorevolezza nel combattere fino in fondo per questo posto in onore di Albino Garbari e di tutto il magnifico gruppo di fondatori dello storico Centro Equestre Federale che aspettano, tra le nebbie dell’incuria dell’indifferenza e dell’abbandono, di parlare con voce sapiente a tutte le nuove generazioni di allievi che varcheranno di nuovo la soglia di quell’impianto”!
Il solo modo per omaggiare e dare un tributo perenne che resiste allo scorrere del tempo è mantenere in piedi, dando nuova linfa, il Centro Federale. Sono convinto che non si dovrebbe chiamare solo Centro Equestre Ranien di Campello, bisognerebbe trovare una dicitura che renda onore e memoria imperitura a tutti loro, Albino Garbari compreso. Nel mio piccolo combatterò per non far morire quella casa e quello scrigno di valori ed insegnamenti. In fondo, quella è la vera casa di Albino ed il monumento perenne del suo esistere. La cultura la respiri camminando ai Pratoni e nessuno potrà defraudarla, saccheggiarla o strapparla come è stato fatto negli ultimi tempi. Albino ha seguito formalmente la sorte dei Pratoni del Vivaro : erano e sono sostanzialmente la stessa cosa e mentre sbiadiva sfumava veniva abbandonato al degrado all’incuria l’uno, appassiva si rattristava e soffriva in silenzio l’altro. Molte sono le persone che sono state vicine ad Albino, gli amici veri, gli ammiratori, gli estimatori, una moglie amorevolissima, figure come Mauro Checcoli e Roberto Rotatori che è stato commovente e lo ha voluto sempre al suo fianco nell’incarico di CT ed era affascinato dall’uomo così come dai Pratoni. Credo che la proiezione del ricordo di Albino nel futuro tanto dipenda dalle sorti dei Pratoni del Vivaro. Albino Garbari è lì, per sempre, e dipende molto ora da noi e dal nostro coraggio, dalla nostra autorevolezza nel combattere fino in fondo per questo posto in onore di Albino Garbari e di tutto il magnifico gruppo di fondatori dello storico Centro Equestre Federale che aspettano, tra le nebbie dell’incuria dell’indifferenza e dell’abbandono, di parlare con voce sapiente a tutte le nuove generazioni di allievi che varcheranno di nuovo la soglia di quell’impianto”!
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