Quel Campione chiamato “Nick Skelton”:
Di Giulia
Iannone
E’
il Campione showjumper ideale, morale,
concettuale il simbolo della migliore tradizione equestre di ogni tempo, senza
tempo.
E’
lui, Nick Skelton, classe 1957, Made in England.
6 netti in queste Olimpiadi 2012 ed una “maledetta”
barriera che osa cadere a rovinare questo record fantastico, quella galoppata
grandiosa verso il podio individuale.
Dopo
l’oro a squadre, Skelton meritava anche quello individuale.
Ma
fa parte del gioco, ed il cavaliere nato ad Exhall, se ne accorge al termine di
quel meraviglioso percorso e si leva il cap, salutando la folla di casa e
chiudendo le spalle sorridendo comunque alla sorte beffarda ed infingarda che si è
presa gioco di lui.
Ma
egli esce dal campo a testa alta, redini lunghe per Big Star, naso basso e
sguardo sconfitto.
Però ho visto una luce speciale brillare da
quel binomio: la luce sul suo stile, sulla sua classe, sulla sua espressività tecnica
equestre che vive evergreen.
Dettagli,
sentimenti, curve girate, parabole fatte in un certo modo.
Più
di ogni altra cosa è un dettaglio che balza immediatamente all’occhio: “ quella
staffa, ovviamente di inox pesante e non di carbonio o plastica, calzata fino
in fondo, a mezza suola, ampia” la mano del cavaliere che avanza decisamente incontro alla bocca e
sul largo diviene quasi un tuffo in cui il cavaliere si dona tutto e totalmente alla parabola
affinchè salga il garrese. La mano e l’inforcatura dolce e sensibile in
battuta, e l’ho rivisto con speranza ed aspettativa anche nell‘inglese nuova
generazione, Scott Brash. Quest’ultimo
ha un misunderstanding col suo cavallo in battuta prima di un largo, ma risolve
con semplicità restando neutro, piuttosto che fare, segue il suo cavallo che
risolve ed anche senza errore!
Anzi
nella squadra inglese ho visto molto di classico e di naturale che fa bene alla
scuola equestre: la semplicità nell’interpretare, imboccature base come
filetti, filetti a D, al massimo un pelham.
Mani nude.
Ho rivisto tanti e tutti in questa equitazione
che lascia fare e lascia passare azione, l’inforcatura leggera, una galoppata
sonora e ritmica che risuona sulla sabbia, cedere spesso, una “chiamatina”
all’occorrenza sulla barra interna per richiamare, per avvertire, per mettere
in attenzione, ma non per soffocare o forzare una distanza.
Tornano
alla mente tanti cavalieri cari della nostra “storia” equestre, che balzano
fuori dalla loro cornice in bianco e nero ed emergono dalle nebbie del passato
che sconfina nell’oggi!
Non so, penso che ognuno di noi abbia un
riferimento equestre! Fratelli Whitaker ? Fratelli D’Inzeo, per esempio!
In
quelle mani mobili scompostamente dinamiche di Nick Skelton, quelle redini
prese a ponte talora corte, talora lunghe fino a toccare la pancia, tese,
libere, ho visto il cavalier Mancinelli con il suo oro olimpico. Monaco 1972.
Ecco
cosa può fare la visione di una staffa presa non così tanto in punta che usa la
tecnica corrente moderna!
La
definisco la “longevità” di quella scuola equestre classica che rende taluni
Campioni Cavalieri protagonisti di ogni evento agonistico indipendentemente
dallo scorrere del tempo. E’ un concetto
che attraversa le discipline equestri, è interdisciplinare, poiché il sistema e
le dinamiche che animano questo canone è naturale, è antico ed eterno poiché segue
perfettamente i baricentri del cavallo. Si evolve insieme all’evolversi
delle linee ed alla qualità dei cavalli, ma il sistema resta assoluto, poiché
valgono i principi che lo alimentano.
Senza
troppi giri di parole, è il sistema naturale inventato e codificato
mirabilmente dal nostro Federico Caprilli!
Se
ci fossero stati oltre Skelton anche i fratelli Whitaker-John e Michael-
avremmo visto ogni nouance di questo stile che sopravvive nella sua massima
espressione oltre manica ed oltre oceano. Ne sono stati in parte espressione
l’americano Rich Fellers con Flexible lo stalloncino sauro di 16 anni con il
suo cavaliere star and stripes, di cui
un commentatore equestre così ha saputo dire del suo stile e posizione in
avanti nel galoppo “E’ una posizione particolare. Sembra sornione il cavaliere nel suo invisibile far
nulla!” , avremmo potuto inserire in questa discorso anche l’americanissima
Beezie Madden che di questo sistema anch’ella è interprete, preparata dal
mitico George Morris Chef de equipe USEF per la sua ultima olimpiade prima del
ritiro forzato per problemi di salute. Ma Beezie stavolta ha perso la magica
galoppata e lo scorrere in avanti senza fare nulla, fatto di cedere piuttosto
che tenere. Ed è uscita dai giochi!
Nick
Skelton, 55 anni. In sella a soli 18
mesi!
Il
suo nome è legato a doppio filo a cavalli come Maybe, If Ever, Apollo con il quale ha vinto moltissimo, poi
Top Gun, Dollar Girl, Limited edition, Tinka’s Boy, Arko III. I suoi attuali cavalli di punta sono Big Star,
Carlo 273 ed Unique, di proprietà di Beverley Widdowson.
Nel
settembre del 2000 egli riporta una frattura al collo: sembra essere la fine
della sua carriera equestre. Non sarà
così: il britannico torna sulle scene equestri con il fido Arko III, lo
stalloncino dallo sguardo dolce che Nick aveva già montato come cavallo
giovane, prima del suo incidente al collo. Nel 2004 con questo fantastico animale il cavaliere
Skelton vincerà il British Open Title e ad Atene sfiorerà la medaglia, dopo
essere stato in testa fino all’ultimo giro. Stessa vicenda del 2012, cavallo di
nome Big Star!
Sta per uscire la sua biografia, dal titolo “Only falls and horses” ossia “solo cadute e cavalli”.
Sta per uscire la sua biografia, dal titolo “Only falls and horses” ossia “solo cadute e cavalli”.
Consentitemi,
Steve Guerdat a 30 anni medaglia d’oro individuale a Londra 2012.
Nick
Skelton, 55 anni, medaglia d’oro a squadre nel salto ostacoli a Londra 2012,
medaglia d’oro ideale e concettuale come simbolo di “Scuola equestre”.
GIULIA
IANNONE
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