|
Dedicato all'oro olimpico di Roma 1960 |
Un ricordo emozionale del Grande Raimondo D’Inzeo
Di Giulia Iannone
Alla notizia della dipartita terrena di Raimondo
D’Inzeo molti si sono chiesti “ Cosa faremo e come faremo senza di lui”.
Tutta la stampa dal web al
cartaceo non ha fatto altro che ricostruire e riproporre la biografia, la
storia, il curriculum agonistico del cavaliere Raimondo D’Inzeo.
Un cronista sportivo, negli anni 60, aveva
paragonato i cavalli montati da Raimondo, ai cavalli di Achille, Balio e Xanto
figli del vento Zefiro. Secondo la leggenda omerica, capivano la parola del
padrone e potendo parlare essi stessi, gli dicevano che nessuno al pari di lui
era degno della vittoria. Si tratta di una immagine speciale, che ha a che fare
con il mito, con la leggenda, con l’immortalità. Questo parallelo altisonante
cela in realtà un fondo di verità interessantissimo: l’uomo di cavalli, che
sapeva parlare con il tocco, con una
carezza sulla criniera, con uno slancio interiore e fisico che tutto risolve. Non posso spiegare così in poche righe da dove
provenga quel Maestro nato 88 anni fa.
Posso solo dire che quando si incontrava il
suo sguardo, i suoi occhi brillavano di una luce ispirata e vigorosa.
|
Raimondo e Merano |
Me ne accorsi alcuni anni or sono, d’estate, sul litorale
salernitano.
Gli organizzatori del
Concorso Ippico di Salerno, manifestazione che itinerava di continuo in cerca
di collocazione fissa sul lungomare
cittadino, decisero, come ultima e risonante risorsa per dare uno scossone
importante, di invitare una personalità di eccezione collegata all’evento. Raimondo
D’Inzeo sta al concorso di Salerno come il cavallo salernitano fa parte della
storia equestre di quell’illustre atleta. Un giornalista prima di me ebbe in esclusiva
l’intervista del caso. Tutte le domande di rito erano state già fatte e rese
disponibili per il comunicato stampa. Il mio incontro con il cavaliere di
Poggio Mirteto era ormai fuori discussione, quando però “qualcuno” cui sarò
sempre grata, mi spinse ad andare
comunque a presentarmi alla tribuna Vip presso la quale era ospite il Campione
con sua moglie. Qui avvenne un vero e proprio fuori programma: una conversazione
informale ed inattesa a bordo campo. Il giornalista prima di me
, non essendo realmente del settore,
aveva scordato di chiedere il meglio: il legame di Raimondo D’Inzeo con il
Concorso di Salerno, con la razza salernitana e da ciò in che maniera avvenisse
la scelta dei cavalli provenienti dal
noto allevamento locale e pensieri emozioni, ricordi impressioni
sull’equitazione tra passato e presente....”Lei
è molto giovane” mi fu detto “tutto
quello che potrò raccontarle potrà risuonarle nuovo, noioso e davvero troppo
lontano nel tempo! Ad ogni modo proverò
a spiegarle qualcosa di quanto la incuriosisce” e Raimondo mi sorrise. Era girato di tre
quarti e rivolto in modo tale da avere
anche sotto controllo la situazione della gara internazionale che si stava
svolgendo. La conversazione incalzò partendo da quanto fosse importante il Concorso Ippico di Salerno che in origine
si svolgeva non sul litorale salernitano, location sicuramente affascinante ma assolutamente
non originaria, bensì in Piazza D’Armi, area cittadina oggi fagocitata da
palazzi. Era lì che si provavano i cavalli razza salernitana ed in vari
concorsi minori per saggiarne l’indole carattere e mezzi. Posillipo, Merano,
Fiorello venivano tutti dall’allevamento Morese.
|
Raimondo D'Inzeo su Posillipo, oro individuale |
Pagoro, ci tenne a precisare, era un cavallo persano, utilizzato anche per
il completo. Sulla scelta del cavallo...sensazioni, emozioni, una scintilla, un
feeling speciale e poi un grande lavoro di affiatamento, di confidenza, di
complicità. Successe che all’improvviso Raimondo iniziò totalmente e completamente ad
animarsi, parlando di cavalli, dei suoi cavalli, in gara ed in lavoro
quotidiano, toccando i punti nevralgici ed i concetti equestri che stavano
dentro di lui, nella sua anima come una melodia solo sospesa e facile a
riavviarsi. Il cavallo deve essere sereno, deve collaborare con la fiducia, la
comprensione e non rispondere alla forza, bisogna sviluppare l’equilibrio
naturale, concedere incollatura, rispettare il ritmo costante del galoppo che
più è congeniale al cavallo, non imposto dal suo cavaliere. Il rispetto “sacro”
della bocca, in girata l’uso preciso della gamba esterna.
|
Raimondo su Merano
"Il cavallo compagno di gara è complice e amico tra le nostre dita
tra fili di seta" |
Il cavallo compagno
di gara è complice e amico tra le nostre dita tra fili di seta. Quello
che più mi colpì in tutto questo discorso che sempre più si addentrava nella
cultura e sensibilità equestre del suo sentire ,che corrisponde al credo della
Scuola italiana per eccellenza, fu lo sguardo del Campione. Nei suoi occhi la
fierezza, la saggezza di chi conosce ma senza presunzione, di chi ha compreso
attraverso la tecnica e lo studio e l’approfondimento di un metodo. IL
rispetto, l’amore e la passione reale vera tangibile del protagonista dell’arte
equestre che è il cavallo. Qualsiasi cavallo, con la propria indole, musica
interiore e carattere. Sta al cavaliere attraverso adeguato studio psicologico
trovarne la chiave di volta per interpretarlo alla perfezione e renderlo partecipe
e volenteroso di fare, attore protagonista della vicenda. Quello che mi
turbava molto, era quella luce negli occhi di chi sente
ancora, dopo aver raggiunto tutti gli obiettivi, tutte le medaglie e i
riconoscimenti sportivi, il richiamo del cavallo. Sentiva a bordo campo la
galoppata nella sabbia e sapeva e percepiva che non era giusta, frutto di una
mano ingenerosa che tira, di un assetto in contrasto, di una forza umana che
reprime invece di convincere.
|
Raimondo su Meteor, finale ad Aachen 1956 |
Tutti i titoli in carriera non varrebbero nulla
se non fossero sorretti da doti umane, valori profondi, cultura specifica ed
educazione che tramuta l’estro ed il talento in tecnica ed arte. Raimondo
attingeva pienamente dalla famiglia, dal padre Costante, suo punto di
riferimento ed origine dell’insegnamento, osservava ed ammirava ampiamente il
fratello Piero, diverso nella forma espressiva equestre, da raggiungere da
ammirare da eguagliare, sinanche da superare non con rivalità.
I fratelli
D’Oro, i fratelli d’Italia, i Dioscuri nel firmamento equestre internazionale, partendo dalla disciplina del completo fino al salto ostacoli, hanno rappresentato una era
equestre.
|
Eccoli i Fratelli d'oro, i Dioscuri dell'equitazione |
A cavallo tra due secoli,
hanno visto sentito e tenuto alta la bandiera italiana nel mondo. Uomo molto
simpatico, generoso, semplice, solido e vigoroso come una roccia, robusto ed
impettito, Raimondo ha montato a cavallo
fino ad oltre i 70 anni.
|
ancora su Meteor ad Aachen 1956 |
Fu partigiano,
carabiniere fin nelle midolla, commissario tecnico della nazionale italiana di
salto ad ostacoli, grande istruttore a sua volta, grande ammiratore del talento
e della passione dei propri allievi. Notò alcuni giovani, giusto per citare un
paio di nomi, quali Gianni Marfoli e
Gianni Govoni.
C’era tutto questo negli
occhi di Raimondo d’Inzeo, quella sera d’estate sul litorale salernitano. Non ci fu bisogno di chiedere nulla altro : Avevo conosciuto nello sguardo l’essenza di un Campione. Una luminosità interiore di entusiasmo, una
fiamma, una passione primaria ed inesaurita per il cavallo che dura oltre l’agone, oltre la vittoria, oltre
l’infinito.
Mentre uscivo dalla sala del Coni del Foro Italico,
dopo aver tributato il mio ultimo saluto a Raimondo, ho pensato con grande rammarico
al fratello Piero, da oggi solo in questa vita. Ho pensato, con un pizzico di
egoismo personale, anche a noi, appassionati equestri un po’ più soli nello spirito
e nella cultura equestre nei confronti di questa eredità.
La scuola italiana è
priva di eredi puri e piano piano scompare con i suoi emblemi, un vuoto che era
già iniziato sui campi di gara, ove non esistono più stili né scuole perché
tutto è stato livellato da un concetto: l’attore principale è il cavallo.
Finito il tempo del cavallo salernitano
, è svanito il concorso Ippico di
Salerno, forse tra i più antichi d’Italia. Nell’altro secolo sono rimaste le gesta e le imprese di
Raimondo, gli istruttori di quella scuola e di quello stile che oggi non ha
molta possibilità di esprimersi. In questo secolo agonizza l’insegnamento e
l’educazione che ha in Caprilli il suo fondatore. Era una educazione leale e
severa, basata sul non dare mai la colpa al proprio cavallo. Quei cavalli
piccolissimi, improbabili, agili divenivano alla fine della preparazione animali lettarati:
quelli che in gergo leggono con gli occhi e scrivono con gli zoccoli. Tutto
cuore e tempra e generosità. Sono rimasti anche essi nell’altro secolo, un
secolo così breve eppure tanto ricco.
|
Raimondo su Posillipo, Springderby Hamburg |
A fine novembre a Piazza di
Siena qui a Roma si svolgerà il Trofeo Fratelli D’Inzeo. Per la prima volta i due Dioscuri
inseparabili saranno divisi. Sarebbe davvero bello istituire un Premio
“Raimondo D’Inzeo” al cavaliere più entusiasta ed estroso con la motivazione e
la definizione che di suo figlio Raimondo, dava Papà Costante allora che
allenava i giovanissimi fratelli :” è estroso, sembra improvvisare ad ogni
percorso le sue mani irrequiete e la gamba che va all’indietro ...”
|
Raimondo D'Inzeo con Alwin Schockemohle |
ho finito di leggere con una grande commozione per un uomo di cavalli che se ne è andato e per un modo di vedere questo nostro mondo( dell'equitazione) che sta svanendo
RispondiEliminaGrazie mille per il commento.
Elimina