domenica 17 novembre 2013

LO SGUARDO DEL CAMPIONE

Dedicato all'oro olimpico di Roma 1960

Un ricordo emozionale del Grande Raimondo D’Inzeo
Di Giulia Iannone

 Alla  notizia della dipartita terrena di Raimondo D’Inzeo molti si sono chiesti “ Cosa faremo e come faremo senza di lui”.
Tutta la stampa dal web al cartaceo non ha fatto altro che ricostruire e riproporre la biografia, la storia, il curriculum agonistico del cavaliere Raimondo D’Inzeo.
 Un cronista sportivo, negli anni 60, aveva paragonato i cavalli montati da Raimondo, ai cavalli di Achille, Balio e Xanto figli del vento Zefiro. Secondo la leggenda omerica, capivano la parola del padrone e potendo parlare essi stessi, gli dicevano che nessuno al pari di lui era degno della vittoria. Si tratta di una immagine speciale, che ha a che fare con il mito, con la leggenda, con l’immortalità. Questo parallelo altisonante cela in realtà un fondo di verità interessantissimo: l’uomo di cavalli, che sapeva parlare  con il tocco, con una carezza sulla criniera, con uno slancio interiore e fisico che tutto risolve.  Non posso spiegare così in poche righe da dove provenga  quel Maestro nato 88 anni fa.
 Posso solo dire che quando si incontrava il suo sguardo, i suoi occhi brillavano di una  luce ispirata e vigorosa.
Raimondo e Merano 
Me ne accorsi  alcuni anni or sono, d’estate, sul litorale salernitano.
Gli organizzatori del Concorso Ippico di Salerno, manifestazione che itinerava di continuo in cerca di collocazione fissa  sul lungomare cittadino, decisero, come ultima e risonante risorsa per dare uno scossone importante, di invitare una personalità di eccezione collegata all’evento. Raimondo D’Inzeo sta al concorso di Salerno come il cavallo salernitano fa parte della storia equestre di quell’illustre atleta. Un  giornalista prima di me ebbe in esclusiva l’intervista del caso. Tutte le domande di rito erano state già fatte e rese disponibili per il comunicato stampa. Il mio incontro con il cavaliere di Poggio Mirteto era ormai fuori discussione, quando però “qualcuno” cui sarò sempre grata,  mi spinse ad andare comunque a presentarmi alla tribuna Vip presso la quale era ospite il Campione con sua moglie. Qui avvenne un vero e proprio fuori programma: una conversazione informale ed   inattesa  a bordo campo. Il giornalista prima di me ,  non essendo realmente del settore, aveva scordato di chiedere il meglio: il legame di Raimondo D’Inzeo con il Concorso di Salerno, con la razza salernitana e da ciò in che maniera avvenisse  la scelta dei cavalli provenienti dal noto allevamento locale e pensieri emozioni, ricordi impressioni sull’equitazione tra passato e presente....”Lei è molto giovane” mi fu detto “tutto quello che potrò raccontarle potrà risuonarle nuovo, noioso e davvero troppo lontano nel tempo!  Ad ogni modo proverò a spiegarle qualcosa di quanto la incuriosisce”  e Raimondo mi sorrise. Era girato di tre quarti  e rivolto in modo tale da avere anche sotto controllo la situazione della gara internazionale che si stava svolgendo. La conversazione incalzò partendo da quanto fosse importante  il Concorso Ippico di Salerno che in origine si svolgeva non sul litorale salernitano, location sicuramente affascinante ma assolutamente non originaria, bensì in Piazza D’Armi, area cittadina oggi fagocitata da palazzi. Era lì che si provavano i cavalli razza salernitana ed in vari concorsi minori per saggiarne l’indole carattere e mezzi. Posillipo, Merano, Fiorello venivano tutti dall’allevamento Morese. 
Raimondo D'Inzeo su Posillipo, oro individuale

Pagoro, ci tenne a precisare,  era un cavallo persano, utilizzato anche per il completo. Sulla scelta del cavallo...sensazioni, emozioni, una scintilla, un feeling speciale e poi un grande lavoro di affiatamento, di confidenza, di complicità. Successe che all’improvviso Raimondo  iniziò totalmente e completamente ad animarsi, parlando di cavalli, dei suoi cavalli, in gara ed in lavoro quotidiano, toccando i punti nevralgici ed i concetti equestri che stavano dentro di lui, nella sua anima come una melodia solo sospesa e facile a riavviarsi. Il cavallo deve essere sereno, deve collaborare con la fiducia, la comprensione e non rispondere alla forza, bisogna sviluppare l’equilibrio naturale, concedere incollatura, rispettare il ritmo costante del galoppo che più è congeniale al cavallo, non imposto dal suo cavaliere. Il rispetto “sacro” della bocca, in girata l’uso preciso della gamba esterna.
Raimondo su Merano
"Il cavallo compagno di gara è complice e amico tra le nostre dita
tra fili di seta"

 Il cavallo compagno di gara è complice e amico tra le nostre dita tra fili di seta.   Quello che più mi colpì in tutto questo discorso che sempre più si addentrava nella cultura e sensibilità equestre del suo sentire ,che corrisponde al credo della Scuola italiana per eccellenza, fu lo sguardo del Campione. Nei suoi occhi la fierezza, la saggezza di chi conosce ma senza presunzione, di chi ha compreso attraverso la tecnica e lo studio e l’approfondimento di un metodo. IL rispetto, l’amore e la passione reale vera tangibile del protagonista dell’arte equestre che è il cavallo. Qualsiasi cavallo, con la propria indole, musica interiore e carattere. Sta al cavaliere attraverso adeguato studio psicologico trovarne la chiave di volta per interpretarlo alla perfezione e renderlo partecipe e volenteroso di fare, attore protagonista della vicenda. Quello che mi turbava  molto,  era quella luce negli occhi di chi sente ancora, dopo aver raggiunto tutti gli obiettivi, tutte le medaglie e i riconoscimenti sportivi, il richiamo del cavallo. Sentiva a bordo campo la galoppata nella sabbia e sapeva e percepiva che non era giusta, frutto di una mano ingenerosa che tira, di un assetto in contrasto, di una forza umana che reprime invece di convincere. 
Raimondo su Meteor, finale ad Aachen 1956
Tutti i titoli in carriera non varrebbero nulla se non fossero sorretti da doti umane, valori profondi, cultura specifica ed educazione che tramuta l’estro ed il talento in tecnica ed arte. Raimondo attingeva pienamente dalla famiglia, dal padre Costante, suo punto di riferimento ed origine dell’insegnamento, osservava ed ammirava ampiamente il fratello Piero, diverso nella forma espressiva equestre, da raggiungere da ammirare da eguagliare, sinanche da superare non con rivalità.
 I fratelli D’Oro, i fratelli d’Italia, i Dioscuri nel firmamento equestre internazionale,  partendo dalla disciplina del  completo fino  al salto ostacoli, hanno rappresentato una era equestre. 
Eccoli i Fratelli d'oro, i Dioscuri dell'equitazione
 A cavallo tra due secoli, hanno visto sentito e tenuto alta la bandiera italiana nel mondo. Uomo molto simpatico, generoso, semplice, solido e vigoroso come una roccia, robusto ed impettito, Raimondo  ha montato a cavallo fino ad oltre i 70 anni. 
ancora su Meteor ad Aachen 1956
 Fu  partigiano, carabiniere fin nelle midolla, commissario tecnico della nazionale italiana di salto ad ostacoli, grande istruttore a sua volta, grande ammiratore del talento e della passione dei propri allievi. Notò alcuni giovani, giusto per citare un paio di nomi,  quali Gianni Marfoli e Gianni Govoni.  
C’era tutto questo negli occhi di Raimondo d’Inzeo, quella sera d’estate sul litorale salernitano.  Non ci fu bisogno di chiedere  nulla altro : Avevo conosciuto  nello sguardo l’essenza  di un Campione.  Una luminosità interiore di entusiasmo, una fiamma, una passione primaria ed inesaurita  per il cavallo che  dura oltre l’agone, oltre la vittoria, oltre l’infinito.
 Mentre  uscivo dalla sala del Coni del Foro Italico, dopo aver tributato il mio ultimo saluto a Raimondo, ho pensato con grande rammarico al fratello Piero, da oggi solo in questa vita. Ho pensato, con un pizzico di egoismo personale, anche a noi, appassionati equestri un po’ più soli nello spirito e nella cultura equestre nei confronti di questa eredità.
 La scuola italiana è priva di eredi puri e piano piano scompare con i suoi emblemi, un vuoto che era già iniziato sui campi di gara, ove non esistono più stili né scuole perché tutto è stato livellato da un concetto: l’attore principale è il cavallo. Finito il tempo del  cavallo salernitano , è svanito  il concorso Ippico di Salerno, forse tra i più antichi d’Italia. Nell’altro secolo  sono rimaste le gesta e le imprese di Raimondo, gli istruttori di quella scuola e di quello stile che oggi non ha molta possibilità di esprimersi.   In questo secolo agonizza l’insegnamento e l’educazione che ha in Caprilli il suo fondatore. Era una educazione leale e severa, basata sul non dare mai la colpa al proprio cavallo. Quei cavalli piccolissimi, improbabili, agili divenivano alla  fine della preparazione animali lettarati: quelli che in gergo leggono con gli occhi e scrivono con gli zoccoli. Tutto cuore e tempra e generosità. Sono rimasti anche essi nell’altro secolo, un secolo così breve eppure tanto ricco.
Raimondo su Posillipo, Springderby Hamburg

A fine novembre a Piazza di Siena qui a Roma si svolgerà il Trofeo  Fratelli D’Inzeo. Per la prima volta i due Dioscuri inseparabili saranno divisi. Sarebbe davvero bello istituire un Premio “Raimondo D’Inzeo” al cavaliere più entusiasta ed estroso con la motivazione e la definizione che di suo figlio Raimondo, dava Papà Costante allora che allenava i giovanissimi fratelli :” è estroso, sembra improvvisare ad ogni percorso le sue mani irrequiete e la gamba che va all’indietro ...”
Raimondo D'Inzeo con Alwin Schockemohle


2 commenti:

  1. ho finito di leggere con una grande commozione per un uomo di cavalli che se ne è andato e per un modo di vedere questo nostro mondo( dell'equitazione) che sta svanendo

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