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Piero Coata in sella a Querida della Mezzaluna, figlia diretta di Al Mahrà della Mezzaluna, la cavalla del "cuore" citata nell'articolo |
A cura di Giulia Iannone
Abbiamo incontrato il Tecnico Laziale Piero Coata
presso la scuderia “ I Pioppi” di Campagnano in una rara intervista in cui si è
concesso a ricordi e pensieri personali, commenti e riflessioni equestri. Ecco
cosa ci ha raccontato...
Come è entrato a far parte della sua “vita” il
cavallo atleta?
“ Ho iniziato da bambino, il mio primo incontro è
stato con i cavalli che trovavo nella azienda agricola della mia famiglia,
erano cavalli da lavoro. Con noi ci sono sempre stati i cavalli! Poi piano ho cominciato ad interessarmi fino
a specializzarmi sul cavallo da salto ad
ostacoli. “
La sua formazione tecnica ed i suoi Maestri ?
“ Sono stato
autodidatta all’inizio! mi piaceva
troppo il cavallo , ho sentito forte il suo richiamo. Per conto
mio sono arrivato a fare delle gare di altezza 130-135, capivo però che da
autodidatta ero uno dei tanti e quindi volevo perfezionarmi, dare una svolta
alla mia passione ed al mio sentire equestre scaturito dall’istinto. Ad un certo punto, ho avuto l’opportunità di andare a Piacenza
dove c’era Piero D’Inzeo. Non ci ho
pensato due volte. Ho lasciato casa e sono andato a Piacenza, ove sono rimasto ben 5 anni . “
"Da Piero d'Inzeo ho imparato che l'equitazione è sacrificio e pretende e presuppone duro lavoro" |
Piero D’Inzeo rappresenta una figura focale nella sua
esistenza. Mi racconta un aneddoto legato all’argento olimpico individuale di Roma ’60?
“ Piero D’Inzeo montava un cavallino molto piccolo, addirittura
un cavallino che faceva completo. Lo montò un po’ di volte. Dopo fece la tappa
di Coppa del Mondo a Milano. Nel Gran Premio chiuse con 4 penalità. Lì ho capito
che era un altro pianeta, vivendo con
quel cavallo, frequentandolo e sapendo di che cavallo si trattava, ho capito
che Piero D’Inzeo era un fuoriclasse assoluto”
C’è una immagine, un ricordo una emozione legata a
questo cavaliere personale, che può dirci solo lei?
“ Ho gareggiato con lui in staffetta. Indimenticabile
come emozione!”
Cosa ha lasciato dentro di lei come bagaglio ed
eredità culturale?
“Che l’equitazione è sacrificio e presuppone e
pretende lavoro duro. Piero D’Inzeo per
primo lavorava tanto. Inoltre, l’Ufficiale di cavalleria ha sempre ricordato e suggerito con il suo
esempio che l’equitazione impone e prescrive delle regole che vanno assolutamente seguite . In noi
stessi per primi e con gli allievi”
Parliamo dei veri protagonisti di questo sport: i
cavalli. Mi può citare i cavalli del suo cuore?
“ Ho nel
cuore due cavalli speciali, speciali anche perché erano italiani e questo li
rende più cari , che ho portato interamente avanti io, si tratta di Al Mahrà della Mezzaluna e Papagena. Quest’ultima è una
cavalla che ha vinto un campionato di 7 anni ed oltre. Nella storia mai un
soggetto con tali caratteristiche vinceva un campionato riservato ai 7 ed
oltre.”
Dicono che ogni cavaliere abbia un solo “grande”
cavallo nella sua carriera. Il suo?
“ Penso Al Mahrà ma non credo che sia vero completamente. Ci
sono stati tanti cavalli che mi hanno
tolto soddisfazioni pure se non hanno avuto gli stessi risultati. “
A quale data risale la sua ultima competizione ?
“ Posso dire 2000”
Quali risultati agonistici ha ottenuto nella sua
carriera di cavaliere?
“ Ho fatto una carriera da cavaliere più per lavoro
che a fini agonistici. Montare a cavallo era il mio lavoro, ho portato avanti
dei cavalli giovani e sono arrivato a
fare dei gran premi e per me già era un successo. Dovete pensare e considerare
che tutti miei risultati sono stati ottenuti con cavalli italiani”
"Ho fatto una carriera da cavaliere più per lavoro che a fini agonistici" |
Quali risultati interessanti ha ottenuto con i suoi
allievi?
“ Credo che ce ne sono tanti! Piergiorgio Albanese
per esempio è un ragazzo che è stato tanto con me, un Campionato Europeo con Ernesto
Colantuoni, un altro campionato europeo con Silvia Albanese. A parte i miei
figli, che hanno anche loro preso parte a dei Campionati Europei. Però ci sono
pure gli altri.”
Chi è stato in passato e chi è oggi il suo cavaliere di riferimento?
Chi è stato in passato e chi è oggi il suo cavaliere di riferimento?
“ Per il passato abbiamo già sottolineato quanta
importanza abbia ricoperto Piero D’Inzeo nella mia formazione ed ispirazione
equestre. Oggi osservo con ammirazione Ludger Beerbaum, per la dedizione,la tecnica equestre, il metodo di gestione della
scuderia e dei giovani cavalieri ed allievi, è da imitare.
Non porta avanti un business, c’è un metodo ed una coerenza e
professionalità in quello che fa ”.
C’è mai stato un cavallo che non è riuscito a
risolvere?
“ Forse ce ne sono stati tanti. Temo di
non essere riuscito concretamente ad entrare nell’animo, nel profondo! Mi
consola con umiltà il pensiero di averne risolti tanti che erano dati per persi,
per finiti, irrecuperabili.”
Quando sceglie un cavallo cosa guarda, cosa ricerca,
cosa esalta?
“ Equilibrio, una buona testa, coraggio. Con il
lavoro cerco di esaltare tutte queste cose nella condivisione e massima collaborazione
con il cavaliere del quale impara a fidarsi
accettandolo con disponibilità. Il cavallo deve essere insieme
a noi, mai contro di noi!”
Ed invece in un allievo cosa guarda?
Ed invece in un allievo cosa guarda?
“ Lo spirito di sacrificio, la voglia di montare bene
senza badare al risultato. Il risultato si ottiene solo quando monti bene. Piero
D’Inzeo diceva sempre “Tu monta bene che poi, alla fine il piazzamento viene da
sé. Se non viene oggi viene domani”. L’importante è prendere una strada che
rappresenta un metodo e seguirlo.”
..."alla fine mi sono immerso totalmente nella professione di istruttore. Ma guardate che non è una cosa facile" |
Da cavaliere lei è passato a svolgere massimamente
l’attività di istruttore. Come è avvenuto il passaggio?
“ I miei figli montavano già a cavallo e poi dei
ragazzi mi hanno chiesto di seguirli. Ho visto che era una cosa che mi piaceva
molto, anche nella ottica di portare
avanti l’impronta tecnica e concettuale con cui approccio questo sport. Alla
fine mi ci sono immerso totalmente ! e guardate che non è una cosa facile.
Subentrano tanti altri meccanismi dai genitori, la politica e quanto altro. E’
complicato credetemi! I ragazzi di adesso, poi, sono molto furbi, questo dobbiamo dirlo! Riescono
ad avere sempre ragione nei confronti di
genitori che non sanno e spesso non sono veramente preparati sulle esigenze di
questo settore. Alla fine diventa complicato portare avanti tutto!”
L’istruttore finisce per entrare ed essere coinvolto
da un punto di vista personale nelle vite e nelle famiglie di questi allievi?
“Io cerco di non entrare mai nella sfera personale”
Quanto è difficile fare l’istruttore in questi anni?
“ Molto. Purtroppo noi abbiamo perso
per strada la vera cultura dell’equitazione così come il valore
etico dell’istruttore in senso stretto, la sua preparazione, il suo ruolo di
guida, di punto di riferimento, di massima espressione tecnica e garante dei
valori puri di questo sport in difesa dell’essere che è sovrano per noi, ossia
il cavallo. Siamo entrati in dei vicoli ciechi che ci hanno fatto perdere di vista la vera essenza,
il vero spirito che alimenta il nostro settore. Il troppo business che ha invaso il mondo dello sport ha
intaccato la magnifica essenza della
nostra che è una “disciplina” basata su regole e norme ferree imprescindibili. Se
pensiamo ad esempio al settore dei pony, in una semplice gara di 1 metro di altezza vediamo
adoperare le stichierine messe ai posteriori. Questo è insegnare ad andare a
cavallo? per non fare errore? ma il cavaliere non capirà mai perché non fa errore e non
crescerà mai. Sono dei mezzi artificiali che soprattutto a questo livello
andrebbero vietati”
Le manca l’attività di cavaliere, le gare, le
trasferte l’adrenalina che sale per la competizione?
“ Ah, molto! Mi piace molto montare a cavallo e devo
dire che smettere di gareggiare è stata una sofferenza considerevole. Però non
tornerei in campo. Sono uno che quando monta a cavallo deve
avere il proprio tempo e spazio , il mio lavoro deve essere fatto con i
giusti intervalli. Quando sei ormai immesso nel mondo dell’istruzione, parlo
per me, io lo reputo complicato. Vedo la gente che porta avanti entrambe le carriere
ed io non posso se non ammirarli. Per me
è molto complicato perché devi essere concentrato sui ragazzi”.
Lei per anni si è occupato di cavalli giovani
italiani. Cosa si può fare per questo settore fagocitato dai prodotti esteri?
Cosa si può fare per evitare che quei pochi buoni prodotti italiani invece
vengano ceduti all’estero?
“La questione principale però riguarda
l’addestramento! Noi abbiamo tantissimi cavalli italiani buoni che si perdono
per colpa di questa carenza. Il fatto di andare a comprare all’estero è un
fatto culturale, una moda! L’allevatore italiano quando ha un cavallo o buono o
cattivo che sia , chiede sempre tanti soldi perché per lui è sempre il migliore
al mondo. All’estero sanno quello che hanno tra le mani. Se un cavallo è
mediocre lo vendono al prezzo giusto perché è inutile che lo mantengono. In
Italia no. Nel nostro paese ci sono degli allevatori che preferiscono mantenere
dei cavalli al paddock piuttosto che darli via subito a dei prezzi minori.
Questa scelta avrebbe consentito a questi soggetti di essere comunque utili . Non
è che c’è solo il cavallo di alto vertice. Ma è normale che se un cavallo non
ha certe qualità deve essere venduto ad un prezzo accettabile”
Lei spesso associa cavalli giovani a – quando
possibile sempre nel margine della sicurezza- cavalieri giovani per farli
crescere insieme nel giusto tempo. Una scelta impegnativa che può essere alla
lunga vincente, vero?
“ Consiglio sempre, come prescriveva l’antico motto,
“ a cavaliere giovane cavallo esperto” però iniziando subito a portarsi dietro
un cavallo giovane al quale, dopo aver
capito le sensazioni sul soggetto
di esperienza, poter insegnare il mestiere. Questo percorso parallelo diventa osmotico,
darà vigore anche al rapporto con il cavallo maturo. Se uno ha la possibilità e
se il ragazzo ha talento e voglia,
affiancargli subito un cavallo più giovane per me è una strategia didattica
molto interessante”
Come si riconosce un allievo di talento?
“ In questo sport l’allievo di talento lo vedi subito
dalla voglia che ha di imparare. Perché questo è un mondo nel quale non si
finisce mai di imparare. Se trovi l’allievo che sta sempre alla ricerca di
nuovi imput da lì esce fuori un talento.
Noi in Italia di talenti ne abbiamo molti, però un grande numero si perde. Il
problema è che quando cominciano a fare
delle gare abbastanza importanti pensano di essere arrivati. Purtroppo in questo
sport non si arriva mai.”
"Mi piacerebbe vedere che tutti ragazzi in equitazione seguono lo stesso metodo e concetto tecnico" |
Lei è più severo con i ragazzi di talento?
“ Si perché pretendo ancora di più da una persona che riesce a fare delle cose
facili rispetto ad uno dotato di meno
talento, che però si applica. Eppure
tante volte ho trovato ragazzi con meno talento che impegnandosi di più sono diventati più bravi degli altri.
Bisogna stare attenti con i talentuosi: si adagiano sull’istinto e le doti
personali, ma arrivati ad un certo livello questo non basta più”
Quali sono gli atteggiamenti che non vorrebbe più
vedere nell’equitazione contemporanea?
“Vedere in concorso degli allievi che trattano male dei bravissimi cavalli. Mi spiego meglio, l’immagine
è la seguente: Sbaglia il giovane
cavaliere e prende a tironi il cavallo. Ci dovrebbero essere dei giudici che
controllano queste cose. Non parlo di punizione rappresentata da frustate, ma
anche dei tironi ripetuti sono inqualificabili
nei confronti di un cavallo, specie se di mestiere. Ormai è diventata una
prassi. Nel 99% dei casi lo fanno tutti i ragazzini.”
" Saper lavorare un cavallo, entrare in percorso ed avere consapevolezza di quello che si fa... questo è gratificante per un istruttore" |
Cosa le piacerebbe fare di più per l’equitazione
giovanile?
“ Mi piacerebbe vedere che tutti i ragazzi seguono lo
stesso metodo e concetto tecnico. Anche questo è un problema culturale. Parlare
la stessa lingua anche attraverso lo stile. Sono anni che giro per le Coppe
delle Nazioni giovanili, se entrano in campo quattro inglesi, e tu non conosci
la loro identità , riconosci lo stile di monta, l’idea che ispira la loro
equitazione. Sono tutti e 4 uguali”
Bene allora lei saprà dirmi dove è andato a finire lo
stile italiano, perduto assieme ai nostri cavalli?
“ Quello sicuramente! Però forse dobbiamo sfatare un
mito, una leggenda che è legata a questo stile italiano. C’è stato un
fraintendimento: tutti sull’inforcatura
e tutti in avanti sembra essere sinonimo
di scuola italiana. I grandi cavalieri non ci hanno spiegato che non era così. Io
avendo lavorato con Piero D’Inzeo posso dire che non era così,il mio Maestro non era mai avanti al cavallo, sempre dietro!
Lei è molto parco di parole, questo lo sanno tutti,
come fa a comunicare o trasmettere ai ragazzi?
“ No! Io con i ragazzi parlo moltissimo pure se non
sembra cerco sempre un dialogo. Cerco di mantenere il mio ruolo credibile di
istruttore carismatico, altrimenti si annulla la fase dell’apprendimento. Una
certa dose di severità ed autorevolezza a mio avviso giova ed incute rispetto
ed un sano rapporto. A volte certe situazioni non meritano risposta o troppe
parole”
C’è un sogno nel cassetto legato alla sua professione
che desidera realizzare?
“Preparare 4 o 5 ragazzi che arrivano a saltare a
livello internazionale facilmente senza trucchi e scorciatoie, solamente con il
lavoro e la dedizione”
E gli altri allievi che non potranno arrivare così in
alto?
“ Il sogno nel cassetto è questo! Io mi impegno come
istruttore con tutti e cerco di portare tutti ad un certo livello. E’ normale che dopo molti
si tramutano in amatori, c’è poco da
fare. Però un amatore che sa quello che
fa, che entra nel percorso e si diverte, lo reputo un buon risultato. Saper lavorare un cavallo, entrare
in percorso ed avere consapevolezza di quello che si fa , è gratificante per un
istruttore”
"Sono stato autodidatta all'inizio...mi piaceva troppo il cavallo!" |
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