Ci ha lasciato Mario
Maini il 4 gennaio 2016.
"Mario Maini, specialista della categoria di Potenza. Ha vinto più di 70 volte" Ringraziamo per le foto, Maria Luisa De Leoni che ci ha messo a disposizione le foto private del Cavaliere. |
Sarebbe bello creare
una “Fondazione o Associazione Mario
Maini” in suo onore per donare longevità alla sua opera, al suo stile, al suo
sentire equestre ed alla sua didattica esigente.
A cura di Giulia Iannone
Sono stata richiesta a gran
voce dal Cavaliere Mario Maini.
Aveva qualcosa di urgente ed
importante che doveva rivelare solo e proprio a me.
Gli era piaciuto come scrivo
di equitazione.
Il cavaliere di talento ha
deciso di lasciare un messaggio tuonante al mondo equestre che lo ha da anni,
relegato in un “involontario esilio”.
Temo di aver atteso troppo
tempo.
Quando mi sono recata alla
Clinica Romana sull’Aurelia dove era ricoverato, in attesa di una operazione all’anca, mi ha detto “Stia
vicino a me, non se ne vada” mi ripeteva stringendomi la mano con una
energia che scalda il cuore e rassicura. Dico stringeva non tirava, si sentiva
subito che quella mano aveva un tatto equestre speciale .
Il calore passava subito nell’anima,
non so come spiegarlo.
“ Volevo dire che non è servito a niente.
Tutte le Vittorie e tutto quello che ho fatto.
Devono
cancellare tutto quello che ho fatto.
Tutti se ne
sono fregati di Mario Maini.
Tutti, tutti, tutti!
Mi aspettavo una maggiore considerazione alla luce
della mia carriera.
IO SONO ZERO!
Hanno cancellato tutto il mio passato.
Però mi hanno valuto bene i cavalli, non parecchi di
loro, ma TUTTI!
Il resto non lo guardi...il resto diceva bene Franco
Califano “Tutto il resto è noia”.
Anche il Premio dell’ANIE del 2014 si può considerare
vergognoso.
E’ una
vergogna, una vergogna, una vergogna!
Non voglio
ricordare nulla, io sono molto arrabbiato.
NON DEVO RINGRAZIARE NESSUNO. VA BENE COSI’. NON MI
HANNO FATTO NIENTE! MI ASPETTAVO NON QUALCOSA; MA TUTTO. NON SONO MAI STATO CONSIDERATO.
Io sono MARIO MAINI e rimango MARIO MAINI!
E’ una vergogna!
Sono tutti dei poco di buono. Che vergogna, che
vergogna, che vergogna!
Ma di questa gente che se ne parla, che c’è rimasto?
Niente!
( testo fedelmente riportato e tratto dalla registrazione originale della dichiarazione di Mario Maini risalente al 27 dicembre 2015)"
( testo fedelmente riportato e tratto dalla registrazione originale della dichiarazione di Mario Maini risalente al 27 dicembre 2015)"
La gloria della nostra
equitazione si è chiusa poi in un silenzio impenetrabile. Non sono riuscita a
fare una vera intervista, scavando a fondo nei suoi pensieri, nel suo passato,
a farmi raccontare le storie dei suoi cavalli. Quello che doveva e voleva dire,
me lo ha detto con forza e grinta ed una buona dose di amarezza.
"Un colpo di spugna non può cancellare l'arte di una persona che ha ricevuto in vita un talento ed un dono speciale" |
Come si fa a cancellare una
vita così?
Non se ne avrà il cavaliere
di Shephard’s Bush, ma non ho
potuto fare quanto la sua amarezza
richiedeva. Un colpo di spugna non può cancellare l’arte di una persona che 88
anni fa nasceva con un dono speciale .
Vorrei
restituire - prima di ogni aspetto tecnico e di carriera - il ricordo dell’uomo leale, schietto,
coraggioso, onesto, orgoglioso, ironico, poetico, anche affascinante Casanova, che odiava la falsità, la finzione, il compromesso.
Bisogna cominciare dalla nota biografica, ma Mario Maini da quel 27 dicembre 2015 non è stato più in grado di rivelare nulla...
Motivata ancor di più a
raccontare, a questo punto ho cominciato
a fare delle indagini documentarie, a seguito delle quali posso
fornire un ritratto biografico del
Cavaliere:
Mario
Maini nasce a Roma il 4 agosto del 1927.
Suo padre Ferruccio aveva una scuderia sita
nell’attuale Piazza Mancini al Flaminio,
si occupava di cavalli da equitazione, caccia e polo. La madre era una
casalinga. Abitavano in Viale Pinturicchio 4. Mario sale a cavallo per la prima volta a 4
anni. La “sua Roma” equestre era molto diversa da quella di oggi: è quella dell’ippodromo dei Parioli che si stava
trasformando nel Campo Dux ed il campo ostacoli del IV Genoa Cavalleria, che
corrisponde all’odierna Piazza Cardinal Consalvi. Sotto i duplici filari di
platani lungo Viale Tiziano, c’era una
pista per galoppare. Era possibile arrivarci finanche passando per Corso d’Italia, dal Policlinico.
Era tutto collegato per andarci a cavallo. Su
quelle piste in sabbia, un giovanissimo Mario Maini si allenava, anche
a pelo, per correre nel Palio di Siena, e all’età di 15 anni fu assunto da Casa
Reale, incaricato di montare i cavalli dell’allora S.A. Reale di Piemonte e del
Ministro della Reale Casa, Duca Piero D’Acquorone. Imparò ,allora, anche ad attaccare i
cavalli: guidava la pariglia
ed il tiro a quattro. Quanto ai suoi Maestri, pare che non ne abbia
avuti. “Sono stato un autodidatta! Credo
di aver ricevuto in dono un fluido magico,
un talento innato e sensibilità.
Non me ne sono accorto subito, ma mentre montavo ho capito che riuscivo a
creare fiducia, un feeling unico, una confidenza con l’amico cavallo che finiva
per affidarsi completamente a me. Tengo a precisare che non mi sono inventato
niente a livello di tecnica equestre. Ho proseguito e fatto mia la tecnica tradizionale. Mi sono attenuto alle regole
classiche della nostra equitazione. Maestri...no, non ne ho mai avuti!” mi
aveva detto così nel dicembre scorso. Ha
gareggiato in salto ostacoli , polo, dressage, completo, e nell’ippica: galoppo in piano e ad ostacoli.
Mario Maini è sempre stato alto e molto magro. Il suo peso si aggirava intorno ai 59-60 kg . Nelle competizioni sia
di salto ostacoli che in corsa, era necessario avvicinarsi ad un peso limite.
Il minimo richiesto per gli uomini era 70 kg , per cui il talento romano, montava
gravato da una zavorra. Per mantenersi ed ottenere un buon guadagno, ha dovuto
lavorare anche nel cinema come contro figura per Vittorio Gassman, Anna Magnani - in sella da
amazzone - Raf Vallone, Rossano Brazzi. Per Angelo Infanti ha saltato
a pelo un ostacolo di 2
metri ,
costituito da 18 persone schierate
su tre file con la lancia in mano . In un paio di film ha
galoppato in piedi su due cavalli; ha fatto la corsa delle bighe. “Non le si rovinava l’assetto?” gli ho
chiesto abbastanza preoccupata “e che
potevo fare! Mi servivano i soldi per la mia carriera equestre principale. Ecco
perché ho gareggiato in seguito anche nel Palio di Siena”. Infatti ha
partecipato a ben 7 pali di Siena: la
prima volta per la contrada del Bruco,
poi anche per la Selva ,
terminando al secondo e terzo posto. Il suo nome in quegli anni era “Fil di
Ferro”, probabilmente facendo chiaro riferimento al suo essere alto e molto
snello, ma al contempo forte e vigoroso come il metallo! Hanno gareggiato contro di lui fantini famosi
nella Piazza del Campo come “Ganascia” e “Veleno”. Dal 1950 in poi partecipa a
numerose gare nazionali ed internazionali, vincendo e piazzandosi sempre.
"Mario Maini è sempre stato alto e magro e dotato di grande charme" |
Mario Maini è sempre stato alto e molto magro. Il suo peso si aggirava intorno ai 59-
In
questa lunga e frenetica carriera, non si contano comunque gli infortuni: 4
volte alle gambe e braccia, circa 39
fratture totali . Nel 1959 sarà proprio un infortunio a negargli l’accesso alle
Olimpiadi di Roma 1960.
Palermo, 1959. Mario Maini con Paolo Racugno. In questa immagine, Maini ha la mano sinistra bendata. Uno dei suoi tanti infortuni. Photo courtesy www.paoloracugno.it |
Ha difeso molte volte il tricolore all’estero. Tento di citare
alcuni dei risultati più rilevanti, testimoniati con minuzia dalla stampa
sportiva dell’epoca: terzo al Derby di Amburgo, due volte secondo al Gran
Premio di Berlino ed al Gran Premio di Dortmund; Coppa delle Nazioni a Vienna,
vincitore due volte del Gran Premio “ Città di Palermo”; due volte vincitore
della categoria delle sei barriere a Fossano, mt 2,20 con la cavalla Blue Bell, di proprietà dell’Ambasciatore Francesco Mameli; a
Milano, concorso ippico Internazionale categoria delle sei barriere, mt 2,20;
tre volte vincitore del Gran Premio Durbans – Coppa D’oro , sempre a Milano;
vincitore due volte del “ Nastro del Tirreno” ( abbinamento di quattro
concorsi, con lo stesso cavallo meglio classificato); ancora, vincitore di oltre 70 premi Potenza da mt 2,00 a mt 2,30; numerose
vittorie a Piazza di Siena: tre volte secondo nella potenza speciale a Gabbie;
secondo nella categoria dei due cavalli, specialità consistente in un percorso
con il primo cavallo da 1,40
a 1,60 di altezza; secondo percorso con il secondo
cavallo da 1,60 a 2,00 di altezza,
vincitore a barrage.
Vincitore
a Nizza della Coppa delle Nazioni e del Premio di Potenza Speciale a tempo mt
2,20 di muro e altra di potenza regolare di mt 2,30.
Specialista della categoria
di potenza ha vinto più di 70 volte. Era la gara riservata ai temerari” nella potenza”, spiegava” fondamentale è il coraggio del cavallo e del
cavaliere. Il cavallo sente la capacità e la decisione del cavaliere. I cavalli
fanno tutto quello che gli si dice, pero’ bisogna farsi capire .” a Nizza
ha saltato con un purosangue 2
metri e 30 “Ho
fatto la potenza con qualsiasi cavallo, puntando molto sull’indecisione degli
avversari”.
La stampa estera lo osanna e
lo mette bene in luce ed in evidenza: la
rivista francese Anneè Hippique lo definisce “gran cavaliere, specialista di
concorsi ed ancor piu’ grande preparatore di cavalli”. La rivista tedesca Reiter Revue menziona Mario Maini quale “ il piu’ grande cavaliere
del momento”. E la stampa italiana?
Analizzando la rassegna stampa di questa
mirabolante vita agonistica, riflettiamo insieme su di un altro aspetto che ci
lascia perplessi e confusi.
"Nella potenza fondamentale è il coraggio del cavallo e del cavaliere" A Nizza ha saltato con un purosangue 2 metri e 30 |
La stampa degli ultimi anni lo ha totalmente
ignorato e snobbato, quella dell’epoca non è stata generosa con lo specialista
delle potenze. Sapeva fare di meglio.
In altri casi, per altri cavalieri, aveva intessuto articoli che sapevano di
mitologico, aveva adoperato espressioni al limite dell’epica, del fantastico.
Paragoni con i corsieri di Achille, saghe e storie avventurose. Per lui no, c’è
una elencazione minuziosa di piazzamenti, podi, categorie e tempi precisi del
cronometro, che a questo punto sembrano appartenere più all’Italia equestre
e non al fiero campione! Tra un risultato e l’altro hanno omesso
l’aspetto dell’uomo, l’interiorità, il sentimento. Mancano, cosa gravissima, le
storie dei suoi cavalli. Nessun articolista si è premurato di indagare su di
loro, origini, genealogie, caratteristiche, pregi, difetti... Possibile che il
cavaliere dai capelli ondulati non abbia
mai raccontato a nessuno quelle storie ? Possibile che nessun allievo, amico,
collega, giornalista, abbia indagato di
più sulla faccenda?
Tra le
memorie di Mario, nel cassetto dello studio, trovo solo un articolo più toccante che riguarda il suo incidente del 1959, durante un
galoppo di allenamento, che lo sottrae ai Giochi Olimpici di Roma 1960. Le
parole del giornalista sembrano più partecipi, più dispiaciute. Strano, gli
italiani di valore devono essere sempre riconosciuti e valorizzati fuori dai
nostri confini. Corsi e ricorsi storici. Nessuno fa riferimento al suo talento speciale, al suo carattere
vigoroso, al suo modo di fare, alla sua eleganza nel portamento e come
cavaliere, anche nell’incedere.
Amava i boxer, amava la coca cola, aveva un bel caratterino e pronunciava delle battute al vetriolo che colpiscono e giustiziano in fretta, senza appello, l’arrogante, il presuntuoso, il prepotente. “ Non era sicuramente un politico né un diplomatico, era molto schietto. Non ha saputo pubblicizzarsi” nota Giuseppe Moretti, Presidente dell’ANIE. Amava la meritocrazia e non sopportava chi non valeva. Tanto poi il campo di gara livella tutto e smaschera gli intrusi, il codardo, chi finge e chi non sa. I cavalli non fingono e quindi erano degli eccellenti alleati per il suo essere. La gente però non lo ha perdonato perché vinceva e vinceva troppo. Oscar Wilde scriveva “ la gente tutto ti perdona, fuorchè il successo”. Ma la cosa più intollerabile è stata aver vinto con i cavalli di “scarto” quelli che nessuno voleva più , quelli che non si facevano più montare, quelli che i superficiali avevano relegato ad essere ultimi.
Mario li prendeva e li esplorava dentro, scandagliava la loro anima, faceva riaffiorare la luce e li portava con sé. Non li forzava in primo luogo, gli restituiva la dignità ed il profumo del salto, la voglia di esprimersi. Quelli che avevano “carattere”- come Mario in fin dei conti e che per esso ha pagato un alto prezzo anzi lo scotto di essere scomodo - che non si erano piegati ad essere servi, trovavano nel Cavaliere un grande condottiero. Ecco cosa c’era tra una vittoria, un podio, un piazzamento e l’altro. Posso citare alcuni di questi cavalli riscattati: sono Harvest Moon, Dumbar, Zuaro, Endro, Etoile De Vains, Bagno Roselle una cavallina italiana tutta pepe molto complicata, Ebagero ( con cui ha gareggiato per poco tempo) e poi Shephard’s Bush, ( un nome strano ed impronunciabile che deriva da un quartiere di Londra) il purosangue magico ed inseparabile che è legato a filo doppio con il ragazzo magro dai capelli ondulati. Sembra che il cavallo fosse di Nathalie Perrone e che lo volesse comprare Giulia Serventi. Ma per fortuna arrivò l’avv. Mario Cassinelli, che con una giusta “dote” riuscì a acquisire il cavallo per Mario cambiando così la storia di entrambi!
"Mario Maini amava molto i cani, i boxer in maniera speciale. La gente lo ricorda per il suo spirito amichevole e compagnone. A volte pare si sia cimentato in cucina con successo!" |
Amava i boxer, amava la coca cola, aveva un bel caratterino e pronunciava delle battute al vetriolo che colpiscono e giustiziano in fretta, senza appello, l’arrogante, il presuntuoso, il prepotente. “ Non era sicuramente un politico né un diplomatico, era molto schietto. Non ha saputo pubblicizzarsi” nota Giuseppe Moretti, Presidente dell’ANIE. Amava la meritocrazia e non sopportava chi non valeva. Tanto poi il campo di gara livella tutto e smaschera gli intrusi, il codardo, chi finge e chi non sa. I cavalli non fingono e quindi erano degli eccellenti alleati per il suo essere. La gente però non lo ha perdonato perché vinceva e vinceva troppo. Oscar Wilde scriveva “ la gente tutto ti perdona, fuorchè il successo”. Ma la cosa più intollerabile è stata aver vinto con i cavalli di “scarto” quelli che nessuno voleva più , quelli che non si facevano più montare, quelli che i superficiali avevano relegato ad essere ultimi.
Mario Maini sul cavallo polacco "Ebagero" che ha montato per poco tempo. questo cavallo ha poi gareggiato con Giuseppe Moretti. Photo courtesy www.paoloracugno.it |
Mario li prendeva e li esplorava dentro, scandagliava la loro anima, faceva riaffiorare la luce e li portava con sé. Non li forzava in primo luogo, gli restituiva la dignità ed il profumo del salto, la voglia di esprimersi. Quelli che avevano “carattere”- come Mario in fin dei conti e che per esso ha pagato un alto prezzo anzi lo scotto di essere scomodo - che non si erano piegati ad essere servi, trovavano nel Cavaliere un grande condottiero. Ecco cosa c’era tra una vittoria, un podio, un piazzamento e l’altro. Posso citare alcuni di questi cavalli riscattati: sono Harvest Moon, Dumbar, Zuaro, Endro, Etoile De Vains, Bagno Roselle una cavallina italiana tutta pepe molto complicata, Ebagero ( con cui ha gareggiato per poco tempo) e poi Shephard’s Bush, ( un nome strano ed impronunciabile che deriva da un quartiere di Londra) il purosangue magico ed inseparabile che è legato a filo doppio con il ragazzo magro dai capelli ondulati. Sembra che il cavallo fosse di Nathalie Perrone e che lo volesse comprare Giulia Serventi. Ma per fortuna arrivò l’avv. Mario Cassinelli, che con una giusta “dote” riuscì a acquisire il cavallo per Mario cambiando così la storia di entrambi!
Nella
carriera di un cavaliere così innamorato dei propri “amici a 4 gambe” i cavalli
non sono marginali, sono i veri protagonisti. Li ha amati tutti
indistintamente, “spesso non mangiava per
loro, ma i destrieri erano trattati come principi, a loro non mancava nulla. Li
rispettava ed amava in maniera toccante” è un ricordo che accomuna tanti allievi
e colleghi, da Giampero Carta, Giuseppe Moretti, Giulia Serventi. “ Li teneva tutti anche a fine carriera” mi
ha rivelato Edoardo Fochi ”Non ha mai
mandato un cavallo anziano al macello. Li metteva a riposo in un terreno limitrofo della scuderia de La Storta per gratitudine ed
affetto” . Sono state molte le rinunce ed i sacrifici, ma aveva i cavalli
che donavano gioia, libertà, motivazione, carica espressiva.
Bagno Roselle è stata una cavallina italiana tutto pepe molto complicata per Mario. Guardatela qui su questo salto...ed osservate il pubblico! |
Sullo
stile di Mario Maini si è
parlato e discusso moltissimo. Nell’epoca in cui tutti montavano in assetto
leggero, Maini sfoggiava con classe e con charme il suo stile di monta seduta “Ai miei tempi “ mi aveva detto” guai chi si sedeva” oggi si è affetti dal
male opposto “ guai chi si solleva!” . Nel tempo in cui tutti sono stereotipati e fatti con lo
stampino l’88enne romano mi aveva risposto in merito alla nascita di questo
modo di montare “ E’ lo stile di Mario
Maini. Così doveva essere!”. Penso che fosse una esigenza , un modo
personale tangibile di estrinsecare un sentimento personale di interpretare il cavallo. Ci ho
pensato molto in questi giorni, guardando foto, rileggendo la biografia,
studiando le imboccature che si trovano appese nella sua scuderia:
moltissime le briglie, anche i pelham
sono tutti montati con 4 redini, nessun ponte di cuoio. Così mi sono fatta la
mia idea. Mario Maini ha montato molto a pelo, Non credo di sbilanciarmi troppo ritenendo che
fosse dotato di quella che si definisce “ postura naturale”, in alcuni scatti
fotografici che lo ritraggono in piedi o in ricognizione in campo ci si accorge
che aveva un bell’equilibrio, un bel portamento. Infortuni e fratture
permettendo! Quindi : la postura, il
portamento, l’equilibrio, era alto e magro, questo va considerato per come inforcare, per come posizionare la gamba
sul costato del cavallo.
Secondo dato: da ogni ambito aveva preso degli strumenti, estrapolati con maestria , rielaborati ed armonizzati all’occorrenza in un suo approccio, sempre nel rispetto della cultura equestre di base. Mario Maini è stato sempre aderente e conforme alla tecnica equestre. Terzo dato, il più importante: molto è dipeso dai tipi di cavalli che gli sono capitati tra le mani! Cavalli problematici, riottosi, rovinati, ingranati. E questo lo si sente già dal lavoro in piano. Stare seduto è stata una carta vincente per rieducarli. Attenzione però. Seduto non è pesante, in contrasto, dietro al movimento, seduto è sempre vicino al cavallo, insieme al movimento. In contatto con tutto il corpo. Credo anche che il suo stile non derivi dalla Germania. In questa nazione si è recato dopo, quando già era qualcuno, e già aveva mostrato al mondo il suo “marchio di fabbrica”! In terra di oltralpe ha trovato delle conferme o nuove idee. Ma Mario montava principalmente purosangue o cavalli molto di sangue che lui stesso rendeva potenti comprimendoli, connettendo il treno anteriore col posteriore, canalizzando l’energia.La Germania montava ancora a
quel tempo cavalli forti e pesanti, derivati dalle carrozze e non ancora
ingentiliti a pieno dal purosangue! Il seduto di Mario non era esasperato, ma
dolcissimo.
Quanto al dressage – lavoro in piano che il cavaliere italiano adoperava e conosceva molto bene ( ricordiamo che ha preparato Fausto Puccini ed il cavallo “Palazzo” per le Olimpiadi di Montreal 1976. Era la prima volta che l’Italia proponeva un suo rappresentante) credo sia stato un altro eccellente ingrediente per entrare in contatto con i cavalli “dispiaciuti”: questa fase oltre che essere una palestra muscolare o ginnastica perfetta è palestra di idee per sollevare il morale, per riarmonizzare mente e cuore creando nel binomio molta più intesa. “un cavaliere venuto dal futuro” lo definisce Duccio Bartalucci che è sempre stato affascinato e conquistato dallo stilista italiano. “negli anni ‘80 gareggiava un cavaliere tedesco chiamato Gerd Wiltfgang. Se avete l’opportunità di vedere su internet alcuni vecchi percorsi su Askan vi accorgerete che assomiglia in tutto e per tutto a Maini. Sembra il suo alter ego. Incredibile. Da far venire la pelle d’oca”.
Mario Maini aveva una postura naturale a cavallo. Alto magro e slanciato dotato inoltre di un bel portamento, |
Secondo dato: da ogni ambito aveva preso degli strumenti, estrapolati con maestria , rielaborati ed armonizzati all’occorrenza in un suo approccio, sempre nel rispetto della cultura equestre di base. Mario Maini è stato sempre aderente e conforme alla tecnica equestre. Terzo dato, il più importante: molto è dipeso dai tipi di cavalli che gli sono capitati tra le mani! Cavalli problematici, riottosi, rovinati, ingranati. E questo lo si sente già dal lavoro in piano. Stare seduto è stata una carta vincente per rieducarli. Attenzione però. Seduto non è pesante, in contrasto, dietro al movimento, seduto è sempre vicino al cavallo, insieme al movimento. In contatto con tutto il corpo. Credo anche che il suo stile non derivi dalla Germania. In questa nazione si è recato dopo, quando già era qualcuno, e già aveva mostrato al mondo il suo “marchio di fabbrica”! In terra di oltralpe ha trovato delle conferme o nuove idee. Ma Mario montava principalmente purosangue o cavalli molto di sangue che lui stesso rendeva potenti comprimendoli, connettendo il treno anteriore col posteriore, canalizzando l’energia.
Mario Maini con Fausto Puccini durante un allenamento in vista delle Olimpiadi di Montreal 1976 |
Quanto al dressage – lavoro in piano che il cavaliere italiano adoperava e conosceva molto bene ( ricordiamo che ha preparato Fausto Puccini ed il cavallo “Palazzo” per le Olimpiadi di Montreal 1976. Era la prima volta che l’Italia proponeva un suo rappresentante) credo sia stato un altro eccellente ingrediente per entrare in contatto con i cavalli “dispiaciuti”: questa fase oltre che essere una palestra muscolare o ginnastica perfetta è palestra di idee per sollevare il morale, per riarmonizzare mente e cuore creando nel binomio molta più intesa. “un cavaliere venuto dal futuro” lo definisce Duccio Bartalucci che è sempre stato affascinato e conquistato dallo stilista italiano. “negli anni ‘80 gareggiava un cavaliere tedesco chiamato Gerd Wiltfgang. Se avete l’opportunità di vedere su internet alcuni vecchi percorsi su Askan vi accorgerete che assomiglia in tutto e per tutto a Maini. Sembra il suo alter ego. Incredibile. Da far venire la pelle d’oca”.
Quale è la lezione che Mario Maini ci ha
lasciato ?
Mario Maini ha svolto anche l’attività di
istruttore. Sono stati suoi allievi: Gavino Buttafuoco Working Pupil dal 1963 al 1965 a Villa Glori ( giovane amico, profondamente toccato non solo e tanto dalle doti professionali ma da quelle umane del "Sor Mario" ) Giampiero Carta, Andrea Bracci, Edoardo
Fochi, Gerry Fantasia, il cileno
Guillermo Franke ( che verso la fine degli anni ’70 lo aiutava anche a
montare alcuni cavalli in scuderia) , Gianluca Caracciolo, Pierpaolo Quagliariello (
vincitore della Potenza a Piazza di Siena del 2008 su Sir du Champ des Fosses) ,
Filippo Gilberto Catarci, Antonio “Tony” Umbro per citarne alcuni di quelli di cui ho notizie.
Non è mai stato inserito nella “lista dei docenti della formazione ufficiale” anche se gli è stato tributato il titolo di Master di Salto Ostacoli. Il settore della Formazione Fise non lo ha mai coinvolto in alcun progetto. Forse perché si è sempre ritenuto che un cavaliere di talento non sappia trasmettere, che non abbia la giusta comunicazione e gli strumenti pedagogici per farlo. Mario dal canto suo mi ha rivelato di non credere nella cultura equestre cartacea “ perché avrei dovuto scrivere un libro? L’equitazione va vissuta giorno per giorno allenandosi in campo, stando in scuderia, andando in gara!” Per molti anni, quando a Roma “ non andava più di moda” insegnava in Puglia ed in Sicilia. Andava con l’elicottero o l’aereo, avanti ed indietro. Così lo ha conosciuto il pugliese Gianluca Caracciolo che dice di lui “ Mario non era un Maestro facile, era esigente, puntuale, dolcemente burbero. Non sopportava l’errore e con gli aspiranti cavalieri di professione era ancora più severo. Era capace di vedere la distanza di un esercizio montato in campo, dalla staccionata! Se si aveva la fortuna di entrare in amicizia, sapeva essere paterno. L’insegnamento varcava il confine, divenendo insegnamento di vita.” Infatti, mentre insegnava al binomio, induceva alla riflessione, plasmava coscienze e perfezionava mente e cuore della gente umile e disposta al sacrificio, non senza severità e rigore.
Una lezione dura, difficile da assimilare nella vita di oggi. A cavallo non ci si inventa nulla, bisogna rifarsi alle regole base della disciplina equestre. La posizione a cavallo è la prima norma basilare, una forma di rispetto e di gratitudine per chi ci fa sentire grandi. Se si è poi portatori di un dono innato che ha a che fare con il talento, allora tutto viene di conseguenza ma non senza l’impegno, il lavoro, il sacrificio, l’allenamento. Nel tempo di oggi si crede che accaparrandosi i migliori maestri ( quelli che dicono quanto sei bravo, sei un campione?) , i migliori cavalli ( ossia quelli che sopportano e subiscono tutto?) , le migliori attrezzature, i ritrovati scientifici di ultima generazione, mangimi ed integratori “spaziali”, si riesce a competere ai massimi livelli. Ed appena arriva una vittoria – per caso?- si mobilitano media e stampa!
Il settore della Formazione Fise non lo ha mai coinvolto in alcun progetto |
Non è mai stato inserito nella “lista dei docenti della formazione ufficiale” anche se gli è stato tributato il titolo di Master di Salto Ostacoli. Il settore della Formazione Fise non lo ha mai coinvolto in alcun progetto. Forse perché si è sempre ritenuto che un cavaliere di talento non sappia trasmettere, che non abbia la giusta comunicazione e gli strumenti pedagogici per farlo. Mario dal canto suo mi ha rivelato di non credere nella cultura equestre cartacea “ perché avrei dovuto scrivere un libro? L’equitazione va vissuta giorno per giorno allenandosi in campo, stando in scuderia, andando in gara!” Per molti anni, quando a Roma “ non andava più di moda” insegnava in Puglia ed in Sicilia. Andava con l’elicottero o l’aereo, avanti ed indietro. Così lo ha conosciuto il pugliese Gianluca Caracciolo che dice di lui “ Mario non era un Maestro facile, era esigente, puntuale, dolcemente burbero. Non sopportava l’errore e con gli aspiranti cavalieri di professione era ancora più severo. Era capace di vedere la distanza di un esercizio montato in campo, dalla staccionata! Se si aveva la fortuna di entrare in amicizia, sapeva essere paterno. L’insegnamento varcava il confine, divenendo insegnamento di vita.” Infatti, mentre insegnava al binomio, induceva alla riflessione, plasmava coscienze e perfezionava mente e cuore della gente umile e disposta al sacrificio, non senza severità e rigore.
Una lezione dura, difficile da assimilare nella vita di oggi. A cavallo non ci si inventa nulla, bisogna rifarsi alle regole base della disciplina equestre. La posizione a cavallo è la prima norma basilare, una forma di rispetto e di gratitudine per chi ci fa sentire grandi. Se si è poi portatori di un dono innato che ha a che fare con il talento, allora tutto viene di conseguenza ma non senza l’impegno, il lavoro, il sacrificio, l’allenamento. Nel tempo di oggi si crede che accaparrandosi i migliori maestri ( quelli che dicono quanto sei bravo, sei un campione?) , i migliori cavalli ( ossia quelli che sopportano e subiscono tutto?) , le migliori attrezzature, i ritrovati scientifici di ultima generazione, mangimi ed integratori “spaziali”, si riesce a competere ai massimi livelli. Ed appena arriva una vittoria – per caso?- si mobilitano media e stampa!
Quel 4 gennaio 2016 la scuderia de La
Storta era avvolta dalla nebbia. Non c’erano carrozze nel
piazzale o blasoni sulla facciata, mostrine
o stellette luccicanti nell’armadio. Più
che una scuderia mi è apparso un
castello diroccato di un regno equestre fuori dal tempo, con il fossato prosciugato
intorno. In affitto da 40 anni, l’intonaco si intuisce appena, nel campo è
cresciuta l’erba. Odore di biada e paglia calpestata ha intriso per sempre le
pareti: è lo stesso odore ed umore che accoglie il visitatore alla Farnesina, a Villa Glori, a
Montelibretti. Nel corridoio centrale spuntano dei musini dei cavalli, le
orecchie dritte in attenzione. Le lettiere sono alte e pulite, acqua calda nel lavatoio con a
terra il pavimento in gomma. I cani stanno acciambellati in un angolo, compresi
e composti nel silenzio degli “amici” perfetti che non vogliono disturbare . Loro, da veri
signori, sanno riconoscere i momenti tristi. Il cane “poliziotto” – lo chiamo
così perché riformato dalla Guardia di Finanza - entra ed esce
nervosamente dalla stanza – la prima
appena si entra nella scuderia - in cui si trova Mario, con il cuore già altrove. Il cane Pav lo sta vegliando e gli sta vicino con grande
dedizione. Ogni giorno da alcuni giorni dopo la clinica, si alterna una
processione di visite di allievi, amici, conoscenti. Quelli rimasti fedeli,
quelli dell’ultimo momento, quelli che non si vedevano da un po’, anzi da
troppo tempo. Cosa imperdonabile, che Mario da uomo sensibile e profondo quale
era, ha percepito a pieno come un velo sull’anima. Nello studio c’è il disordine della vita vissuta. C’è la sua foto che lo ritrae insignito del
titolo di cavaliere della repubblica. Altri trofei sono nella stanza di sopra,
dove riposava, in capo a letto il dipinto del grigio del cuore e di mille avventure. C’è una spalliera con
tutti frustini. Dietro la porta è ancora appeso il pass di Piazza di Siena del 2014, in alto scorgo la
fotografia del socio tedesco con il quale condivise una scuderia in Germania.
C’è una strana energia in
quella scuderia. Quando ce ne andiamo fa molto freddo, e la nebbia avvolge
pesantemente l’edificio.
Alle 17.30 Mario Maini si
addormenta per sempre.
Davvero molto strano, ma da
quel 4 dicembre 2015 per ben tre volte la mia vita si è incrociata con quella del cavaliere romano.
Mario Maini con il purosangue Shephard's Bush compagno ed amico di mille vittorie |
“Ora caro Mario” gli direi se potessi parlargli “ una
vita così , non si cancella. Se avessi potuto avrei cancellato “solo” tutta l’amarezza, la tristezza, i torti
subiti, l’ingiustizia, la solitudine morale ed interiore e la mancata
considerazione della nostra Federazione equestre. E rimetterei al loro posto,
una per una , le storie dei tuoi indimenticabili cavalli che non sono riuscita
a trovare. Scusami, ma tanto li hai amati tutti lo stesso, anche prima che vincessero : quando erano invisibili e li vedevi solo tu”!